Editoriale

Utero in affitto: forma di schiavitù che farà tornare indietro di secoli l’umanità

E’ di pochi giorni fa la notizia che all’Aja un gruppo di 22 giuristi sono al lavoro sul tema della regolamentazione internazionale dell’utero in affitto. Quali ripercussioni potrebbe avere questo fatto? Come si risponderebbe se all’alba del ventunesimo secolo qualcuno chiedesse un’opinione su un gruppo di lavoro che vuole regolamentare la schiavitù? Ovviamente che l’umanità non può tornare indietro di secoli e che la schiavitù, dove ancora esistesse, va perseguita alla stregua di un crimine universale contro l’umanità e la dignità della persona. Per l’utero in affitto la risposta è la stessa, senza se e senza ma. Un reato aberrante. È la costrizione in schiavitù di donne ridotte a forni gestazionali. Pratica che non può essere regolamentata, ma soltanto vietata. Sarebbe come ritenere che siccome esistono la violenza minorile, lo stupro, la pedofilia, allora vanno regolamentati. Follia. I crimini vanno perseguiti con determinazione, senza alcun cedimento.

La pratica dell’utero in affitto nasconde rischi e pericoli sia per la donna che per il bambino. Donne ridotte ad oggetto, a cose. Bambini che nascono orfani della madre naturale. Committenti senza scrupoli che se il bambino non corrisponde alle attese, lo abbandonano come un pacco. Ovviamente chi commissiona la surrogazione di maternità non lo fa per amore, ma solo ed esclusivamente per egoismo, violando il corpo di una donna e distruggendo l’identità di un bambino.

Adriano Ossicini, grande psichiatra degli anni ’60 e combattente partigiano ha scritto libri scientifici che dimostrano lo strettissimo legame biologico e psicologico che si attiva tra la mamma e il feto durante la gravidanza. Strappare il bambino dal grembo di una mamma è una violenza che si aggiunge a violenza.

Dietro questa aberrante pratica si cela un giro economico di grande portata. Basta andare a vedere quanto costa: dai diecimila ai duecentomila dollari. Trovo inspiegabile, inoltre, e va denunciato con forza che andando sui motori di ricerca Internet compaiano messaggi promozionali di aziende che offrono prestazioni per la surrogazione di maternità. Intervenga immediatamente l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM): si tratta di pubblicità vietata dalla legge ed è scandaloso che magistratura, istituzioni e le massime cariche dello Stato tollerino questo stato di cose.

Alberto Gambino

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