Editoriale

Parole senza tempo per un’umanità disorientata

Parole in grado di dare senso. L’evangelista Marco (Mc 6,30-34) racchiude in due righe la missione eterna della Chiesa. “Gesù vide una grande folla. Ne ebbe compassione perché erano come pecore senza pastore. E si mise a insegnare loro molte cose”. Oggi più che mai comunicare la Buona Novella significa parlare un linguaggio comprensibile alla società attuale. L’impegno pastorale è testimonianza dialogante e rispettosa.Francesco sintetizza così l’evangelizzazione. “Gesù è la Parola. Se non ci fermiamo ad ascoltarlo, passa oltre. Ma se dedichiamo tempo al Vangelo, troveremo un segreto per la nostra salute spirituale. Ecco la medicina. Ogni giorno un poco di silenzio e di ascolto. Qualche parola inutile in meno. E qualche Parola di Dio in più. Sempre con il Vangelo in tasca che ti aiuta tanto”. Il Pontefice pone un interrogativo: “Ci ricordiamo di metterci in ascolto del Signore? Siamo cristiani ma magari, tra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, non troviamo qualche secondo per far risuonare in noi poche parole del Vangelo”. Di qui il richiamo del Pontefice ai fedeli. Affinché chiedano al Signore di essere aperti alla sua Parola. Di aprirsi all’ascolto. “Guarisci il mio cuore dalla chiusura. Dalla fretta. Dall’impazienza”. Con l’invocazione a Maria, “aperta all’ascolto della Parola che in lei si fece carne”. La Vergine ci aiuti ogni giorno -ad “ascoltare suo Figlio nel Vangelo“. E “i nostri fratelli e sorelle. Con cuore docile. Paziente. Attento”, raccomanda il Pontefice.Jorge Mario Bergoglio, dunque, prosegue l’azione evangelizzatrice di chi lo ha preceduto sul soglio di Pietro. Secondo Joseph Ratzinger si tratta di compiere un’opera di apertura e di discernimento. “L’umanità deve ormai uscire da ottiche troppo anguste per gettare le basi di una nuova sintesi umanistica“. Collocarsi in una simile prospettiva significa per Benedetto XVI “non escludere nessuno a priori e invocare la necessità di un dialogo senza frontiere”. Fin dalle prime righe la sua fondamentale enciclica “Caritas in veritate” Joseph Ratzinger precisa ciò che si deve intendere per coniugazione tra amore e verità. L’amore (caritas) è, secondo Benedetto XVI, una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. È una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Dunque difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono forme esigenti e insostituibili di carità.Per questa radice teologica unitaria, carità e verità non possono mai essere disgiunte. La scelta di campo di Joseph Ratzinger è inequivocabile. “Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo, l’amore diventa un guscio vuoto. Da riempire arbitrariamente”. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda, secondo Benedetto XVI, delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta. Fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali. E di un fideismo che la priva di respiro umano e universale. Perciò, secondo Benedetto XVI, la carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. E’ il portale di accesso alla comprensione di Dio. Degli altri. E del mondo. E’ il principio non solo delle micro-relazioni (rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo). Ma anche delle macro-relazioni (rapporti sociali, economici, politici).A giudizio di Joseph Ratzinger “perché ritorni la fiducia, figlia dell’amore, occorre non vedere l’economia globalizzata come una fatalità. A condizione che essa esca dal proprio autismo. E accetti al proprio interno la logica del dono senza contropartita“. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede. E questo vale anche per la ragione politica, che non deve credersi onnipotente. A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano. La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell’umanità. Nel discorso tenuto al Parlamento tedesco il 22 settembre 2011, Benedetto XVI invitò i parlamentari a riflettere sulle finalità dell’agire politico. E sulle forme di legittimità necessarie per elaborare leggi in un’epoca di pluralismo. Parlò soprattutto di quella legge naturale che è nel fondo del cuore di ogni uomo. Impronta negli esseri umani della legge eterna di Dio.

Giacomo Galeazzi

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