Omicidio Di Matteo, 25 anni dopo: l’orrore che sconvolse la civiltà

Giuseppe Di Matteo

La mafia non uccide solo d’estate, per rifarci al titolo di una serie televisiva diretta da Luca Ribuoli e all’omonimo film di Pif. In questi giorni del mese di gennaio in Sicilia sono stati commemorati Pippo Fava, intellettuale e giornalista catanese ucciso dalla mafia 37 anni fa il 5 gennaio del 1984; il presidente della Regione Piersanti Mattarella, che si batteva per la liberazione della Sicilia dalla mafia e dalla corruzione ucciso a Palermo 41 anni fa il giorno dell’epifania mentre si stava recando a messa con la famiglia; il professore di scuola media Beppe Alfano corrispondente il quotidiano “La Sicilia” di Catania assassinato nel messinese la sera dell’8 gennaio 1993.

Lunedì 11 gennaio ricorre il venticinquesimo anniversario della barbara uccisione di Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido dai suoi carnefici dopo 779 giorni di prigionia, per punire il padre diventato collaboratore di giustizia. Si trattò di un omicidio spietato che mostrò il volto disumano della mafia ed ebbe l’effetto di aumentare l’orrore popolare verso il fenomeno mafioso. Questo assassinio e tanti altri sono in contrasto con la leggenda che il cosiddetto codice d’onore degli “uomini del disonore” proibiva l’uccisione dei bambini.

I bambini e i ragazzi uccisi dalle varie mafie per vendetta come nel caso di Giuseppe Di Matteo, per non lasciare testimoni scomodi come nel caso del pastorello di Corleone Giuseppe Letizia o semplicemente per caso, in varie regioni d’Italia, sono oltre un centinaio. In questa circostanza si terranno varie manifestazioni commemorative del piccolo Giuseppe, rivolte soprattutto ai più giovani, per far comprendere che la lotta alla mafia riguarda tutti e che la mafia non risparmia nessuno, nemmeno i bambini.

L’associazione Parlamento della Legalità Internazionale, che ogni anno ha rivolto un appello agli studenti da tutta la Sicilia per dare vita a un appuntamento chiamato “Un fiore per Giuseppe”, quest’anno ha proposto un’ora di lezione dedicata alla memoria di Giuseppe. Questa significativa iniziativa, che io stesso ho patrocinato con uno speciale messaggio, ha coinvolto moltissime scuole di tutt’Italia. Il casolare in cui avvenne l’omicidio nella valle dello Jato è stato trasformato nel “Giardino della Memoria” dove è stata collocata una croce come segno di liberazione da qualunque forma di male.

La resistenza alla mafia, passa attraverso un rinnovato impegno educativo che porti ad un cambiamento della mentalità, che deve iniziare fin da bambini. Il senso della legalità non è un valore che si improvvisa. La sua affermazione è affidata alla collaborazione di tutti e in modo particolare alla famiglia, alla scuola, alle associazioni giovanili, alla Chiesa e alle varie istituzioni pubbliche. La Chiesa sente di avere una sua responsabilità per la formazione di una diffusa coscienza civile di rifiuto della mentalità mafiosa e non si sente estranea all’impegno, che è di tutta la società siciliana ed italiana, di liberazione dalla triste piaga delle mafie.

È utile ricordare cosa scrisse il Beato Pino Puglisi a tal proposito: “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa e qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.

Tutte queste iniziative vogliono affermare la speranza nella sconfitta della cultura della morte e dell’affermarsi della cultura della vita , della legalità e della solidarietà, nella certezza che il piccolo Giuseppe, come i santi martiri innocenti uccisi da Erode, è un fiore meraviglioso nel giardino di Dio, è una nuova stella che brilla nel firmamento del cielo, è nel cuore di Dio ricco di misericordia circondato dagli angeli e i santi.