Nessuno può esimersi dal contribuire a un futuro di inclusione. Il numero delle persone costrette a fuggire dalle proprie case è aumentato ogni anno nell’ultimo decennio ed è oggi il più elevato da quando l’Onu ha cominciato a registrare il dato. Alla fine del 2021, le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultavano essere 89,3 milioni, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente e ben oltre il doppio rispetto al dato registrato 10 anni fa.
Nel messaggio per la 108° Giornata del migrante e del rifugiato, papa Francesco ribadisce che la “vera patria” verso cui siamo in viaggio è il Regno di Dio. Perciò tutti, attraverso “la conversione personale e la trasformazione della realtà”, dobbiamo sentirci coinvolti nella costruzione di una città “dalle salde fondamenta” dove “vivere in pace e dignità”. L’umanità ha come missione quella di spalancare le porte della “polis” agli abitanti delle periferie esistenziali: migranti, rifugiati, sfollati e vittime della tratta. Accogliere le persone più vulnerabili realizza, infatti, la visione profetica di Isaia che descrive gli stranieri non come invasori e distruttori, ma come “lavoratori volenterosi” che edificano le mura della nuova Gerusalemme “aperta a tutte le genti” (Is 60,10-11).
Davanti al fenomeno epocale delle migrazioni siamo chiamati ad essere “misericordiosi come il Padre”. Il tema della misericordia è talmente caro a Jorge Mario Bergoglio da averlo scelto come motto episcopale: “Miserando atque eligendo”. Già l’enciclica “Dives in misericordia” di San Giovanni Paolo II rinnova l’azione pastorale di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Ciò è determinante per la Chiesa e la credibilità del suo annuncio. Migranti e rifugiati meritano consolazione, solidarietà e attenzione come tutti coloro che vivono situazioni di precarietà e sofferenza nella società odierna.
Questa Giornata mondiale, che in Italia coincide con una importante consultazione popolare, mette al centro le “donne crocifisse” vittime del racket interazionale della prostituzione coatta e le tante persone private della dignità nei paesi di origine, transito e destinazione dei flussi migratori. Affinché il loro grido diventi il nostro dobbiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso nasconde ipocrisia e egoismo. Questa ricorrenza è l’occasione per risvegliare le coscienze assopite davanti alla tragedia individuale e collettiva delle migrazioni. La missione dei discepoli di Gesù è proprio questa: consolare i sofferenti, annunciare la liberazione ai prigionieri delle moderne schiavitù, restituire la vista a chi è curvo su se stesso, ridare dignità a chi ne è stato privato, divenendo capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà.
Come insegna san Giovanni della Croce: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. I primi evangelizzatori sono i poveri e nessuno è più escluso di chi deve abbandonare tutto per cercare riparo in una terra sconosciuta. Sia per la condizione di indigenza, sia per il tendenziale non attaccamento a beni che non posseggono, i migranti sono quelli che, meglio di altri, ci ricordano il volto misericordioso, paterno e materno di Dio. Tra i rifugiati ci sono coloro che aderiscono alla povertà radicale dell’ “umile Gesù”. Questi schiavi, ciechi, afflitti, indigenti, vittime dell’ingiustizia sociale, scartati, non sono soltanto i destinatari della solidarietà, ma anche i veri soggetti della nuova evangelizzazione.
Oltre ad essere segno di credibilità per la missione apostolica dell’Ecclesia, l’accoglienza dei “forestieri” è caposaldo della carità per ogni settore della comunità, sia civile, sia religioso. E invece la parola e il concetto di accoglienza sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica si sente padrone della natura e della storia. E ha soggiogato e dominato la terra (Gen 1,28). Tale dominio sul creato e le creature , inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio all’accoglienza del fragile. In realtà l’intera società e non soltanto i credenti saranno giudicati sul sostegno e l’integrazione dei migranti. “Ero straniero e mi avete accolto”, dice il Vangelo.
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