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L'Europa baciata da Giuda

Papa Francesco ha smascherato un’ipocrisia che in Europa accomuna spesso istituzioni civili e religiose. Aldilà delle speculazioni e strumentalizzazioni di opposto segno, è innegabile che in questi anni l’Italia, intesa come Paese ma anche come Chiesa italiana, sia al primo posto nel continente per accoglienza di persone migranti. 

L’impegno dell’episcopato e del terzo settore cattolico è stato nel nostro Paese costante e coraggioso, mentre gradiremmo maggiori informazioni su quale sia stato davvero il contributo delle conferenze episcopali degli altri Paesi europei. Magari, nel caotico villaggio della comunicazione globale, si sono perse per strada le notizie di questa indispensabile solidarietà (ossia condivisione) di tutte le Chiese europee, nessuna esclusa.

Fatto sta che la Cei si è fatta carico, a sue spese, della collocazione di richiedenti asilo, con una mobilitazione meritevole da Premio Nobel per la Pace. Inoltre, la Chiesa italiana è sempre stata vicina, solidale e collaborativa con i governi, incluso quello in carica, al di là di talune sterili polemiche e con reale spirito costruttivo. Non sappiamo se possiamo dire altrettanto delle altre conferenze episcopali europee. 

L’appello del Papa, è bene ricordarlo, non è rivolto solo al nostro Paese e alla Chiesa italiana. Quella finestra dalla quale si affaccia il successore di Pietro è spalancata sul mondo e non rinchiusa in dispute locali. E soprattutto a prestare ascolto non sono solo interlocutori laici ma anche, anzi innanzittutto, ecclesiali. L’Europa ha un presidente fresco di nomina, anzi ne ha due; sarebbe bene che le parole del Pontefice arrivassero chiare ai governanti e ai pastori del vecchio continente. 

Certo, il mondo non è racchiuso nel Mediterraneo e tra le due Americhe ci sono “mari” di separazione altrettanto dolorosi, ma il pensiero vola spontaneamente a quei Paesi dell’Est che si riempiono la bocca di cristianesimo e poi rifiutano qualunque redistribuzione delle quote dei migranti. Essere cristiani solo a metà contraddice il Vangelo e lo riduce ad un’ideologia intermittente. Non si può prendere dalle Sacre Scritture solo ciò che piace o fa comodo.

“Ero forestiero e mi avete accolto”, c’è scritto in quella Buona Novella che per quei popoli ampiamente aiutati durante la guerra fredda è diventata scomoda. Triste osservare che la storia, ancora una volta, non ha insegnato granché. Dietro il paravento dell’identità nazionale, nel polmone dell’Europa orientale, e non solo, si respira egoismo e ingratitudine per il sostegno ricevuto lungo i tornanti del ‘900. Un po' la stessa amnesia che ha colpito i solitamente loquaci governanti francesi che, sorvolando sull’improvvida destabilizzazione della Libia, dimenticano che a pagare il prezzo dei loro interessi “particolari” (concessioni petrolifere, ingerenze geopolitiche e rivalità interne all’Europa) sono i migranti rinchiusi nei nuovi campi di sterminio dall’altra parte del Mediterraneo. 

E anche quella tomba d’acqua nella quale migliaia di vittime ignote e innocenti si scontrano con l’assenza di una comune politica di accoglienza Ue, implora pietà dal cielo. Così l’Europa, sotto il profilo della pluralità politica e religiosa, non ha ancora trovato un linguaggio condiviso per far sentire concretamente la propria voce. Ai tavoli dove si decidono le nuove “Yalta”, l’Europa semplicemente non esiste. Francesco la chiama “nonna”, ormai rischia di diventare una cara estinta. 

Tre le speranze affinché ci siano sempre meno “Giuda” a tradire l’umanità. Le conferenze episcopali non tacciano con i loro governanti anzi, si facciano avanti per mediare sulle politiche migratorie e diventarne interlocutrici come avviene in Italia. Seguano l’esempio del Patrono San Benedetto che seppe unire azione e contemplazione, carità e preghiera. Sarebbe un grande segno, specialmente per educare i nostri giovani, se la Santa Sede, auspicabilmente, istituisse (o si facesse promotrice) di una giornata del “migrante ignoto” dedicata a tutti coloro che spariscono nelle fauci dei mari e dei deserti. Sono gli invisibili della terra: bambini, mamme, ragazzi giovanissimi finiti negli abissi della tratta e dell’indifferenza. Infine ci si faccia l’esame di coscienza, ogni volta che da dietro una comoda tastiera, si fa il tifo come allo stadio, godendo degli infortuni di chi ha responsabilità da assumere. Troppo facile fingersi esperti quando non si deve decidere.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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