Editoriale

La sfida del Recovery Fund: una proposta a rischio veto

La proposta della Commissione per il Recovery Fund va incontro alle più rosee aspettative dei Paesi che si sono battuti per vederla scritta più o meno in quei termini. E l’Italia è tra questi, come la Francia e la Spagna.

Ma è, appunto, una proposta.

Perché diventino una realtà i 750 miliardi di sussidi e prestiti da erogare per far fronte all’emergenza COVID, la proposta illustrata da Ursula Von der Leyen deve passare all’unanimità in Consiglio europeo. Deve cioè ottenere il sì di tutti i Paesi membri. Basta un no, che diventa un veto, perché salti tutto e si ricominci daccapo.

I no previsti sono quattro: Olanda, Finlandia, Svezia, e probabilmente Danimarca. Paesi piccoli e perlopiù periferici, con pochi milioni di abitanti, con economie efficienti ma anche tascabili, ricche soprattutto grazie alla loro buona amministrazione ma anche per lo sleale dumping fiscale esercitato, per esempio, dalla puritana Olanda, capofila dei Paesi “frugali”, come essi si definiscono. Molti tedeschi preferiscono chiamarli “avidi” e, se lo dicono persino loro, c’è da crederci.

Questi quattro partner, con la loro cocciuta e petulante opposizione, cercheranno l’alleanza con le Nazioni dell’Est (quelle sempre pronte a chiedere sussidi e tarde a dare contributi e a rispettare le regole comuni) e, insieme, faranno di tutto per rimpicciolire il piano della Commissione. Innanzitutto eliminando i sussidi e lasciando solo i prestiti.

Ciò che fa ben sperare è che la proposta di Palais Berlaymont parte dal piano franco-tedesco e lo migliora. Ciò vuol dir che, quantomeno, la trattativa sui macro-numeri dovrà oscillare dall’una all’altra estremità. Dunque dovrà per forza essere superiore ai 500 miliardi su cui si sono attestati Angela Merkel e Emmanuel Macron. Non è poco, per cominciare.

Poi c’è la questione delle condizionalità.

Domanda: cosa devo fare per prendere quei soldi che mi servono per fermare la pandemia economica che seguirà quella sanitaria? Per gli olandesi – quelli che rubano le tasse altrui, sempre loro – più o meno bisogna mettersi in ginocchio sui ceci e stendere la mano. Che significa: “fare le riforme” secondo la vecchia logica dell’austerità, e poi naturalmente rendicontare centesimo per centesimo quello che si spende. E’ la ricetta greca: per avere un aiuto mi devo vendere un rene.

Vedremo se il “fronte Sud” capeggiato dalla Francia e soprattutto Angela Merkel sapranno riportare gli “avidi” alla ragione. Con i danesi il lavoro sembra già impostato: a Copenaghen hanno detto di aver capito che è interesse di tutti che l’economia riprenda vita in ogni Paese, e che l’alternativa è la rovina collettiva. Deve essere la Sirenetta di Andersen che li ispira. Nei coffee shop di Amsterdam invece si batte il pugno sui tavoli: mai un nostro centesimo a quei pelandroni di italiani e spagnoli.

In ogni caso: prima la proposta franco tedesca e adesso quella della Commissione segnano un gigantesco passo in avanti sulla strada della solidarietà europea. Fino a prima della pandemia sarebbe stato impensabile. Ed è normale che ci siano i restii e i sordi. Per il governo italiano è una bella soddisfazione che lo rafforza e gli dà argomenti con l’opposizione sovranista euro-scettica, anche perché saremmo i maggiori beneficiari del Fondo: si tratta di 172 miliardi lordi tra sussidi e prestiti. Però per conquistarseli definitivamente si tratta di farsi valere ancora a Bruxelles. La Merkel è stata chiara: trovare l’accordo non sarà né facile né breve.

Marco Frittella

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