La rivoluzione necessaria

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Nella storia, lo Spirito di Gesù ha unito tante culture e mentalità diverse. Questa piccola creatura ha fatto breccia nel caos più oscuro, nel disordine umano, nel male più infernale facendosi inaspettatamente scintilla luminosa. Le tenebre non l’hanno accolta e così la Luce, quella vera, che brilla di “luce propria”, ha continuato a diradare il buio più pesto nel cuore di ogni uomo accecato di se stesso. Una folgore che ha donato sapienza agli intellettuali, saggezza agli umili, discernimento ai padri, santità e quindi coraggio alle donne pioniere dell’annuncio cristiano. Questa Luce, (“Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”, Gv.8,12) così come il Vangelo ci insegna, ha il potere di liberare l’umanità dal proprio ego per farlo rinascere dall’alto, dallo Spirito. Tale esperienza di vita si può comprendere soltanto nella pratica, cioè operando per capire se la vita nuova è stata già accolta o se avremo la capacità, nella fede, di accoglierla. 

La forza dell’accoglienza per ogni essere umano è tutto. L’uomo che accoglie Dio nella propria Betlemme, che sa accettarsi interiormente volendosi bene, che ama ospitare il prossimo, che sente il bisogno di soccorrere e aprirsi all’indigente e al disperato… Questo è un vero uomo. In fondo quel neonato di oltre due millenni, pur non essendo stato accolto dagli egoisti più incalliti (perché “per lui non c’era posto…”) e che è stato costretto a scappare con i propri genitori a causa dello sterminatore Erode, è divenuto di fatto il primo ad accogliere realmente ogni persona senza giudicarla. 

Una moltitudine di uomini e donne hanno imparato da Gesù una forma di Amore rivoluzionaria e quindi impressionante; il Suo modo di Amare ha fatto da ponte per spingere le umane creature a credere in Dio-famiglia, in un Dio di carne, in un Dio-comunitario, un Dio-sociale e gentile: il Dio Trinitario, quello che abbraccia sul serio chiunque senza preferenze e che non si arrende mai a nessuna forma di odio. Questa maternità di Dio fa crescere l’uomo rendendolo amabile, mentre la sua paternità spinge la persona a essere coraggiosamente alterocentrista. Anche il Dio-neonato, un Dio-figlio, provoca nella gente quella necessità di tenerezza e di docilità di cui questa società incattivita, rabbiosa e diffidente avrebbe così tanto bisogno. 

Ripartire da questo piccolo Creatore dovrebbe aprirci il cuore e la mente, farci riflettere sul serio per non continuare a correre invano, da soli, senza speranza. Il vero Natale è conversione che scuote le viscere iniettando l’irrefrenabile desiderio dell’annuncio evangelico e cioè di credere e desiderare la salvezza. Con la nascita del Salvatore sulla terra il suo obiettivo è chiaro: ha scelto di non lasciarci soli e di non farci morire inutilmente, di trasformare anche l’esistenza carnale in una vita senza fine grazie a quel soffio di vita che è dentro ogni uomo. Ora in tanti continueranno a scegliere le tenebre, sfidando questo neonato, cercando di ucciderlo nei cuori e nelle menti degli uomini, mettendolo alla berlina e gridando con satana che Dio tanto non esiste. Ma altri, ancora un’apparente minoranza, riconosceranno la Luce inchinandosi dinanzi alla potenza ricreatrice di questo neonato che continuerà a farci scoprire il suo Regno d’Amore.