La libertà è costantemente posta in crisi sia sul piano sociale sia su quello culturale. L’esagerata esaltazione della libertà, patrocinata dall’agnosticismo liberale, apre le porte in campo personale al soggettivismo e all’individualismo etico e, in campo sociale, all’assolutismo del potere e all’anarchismo. Nel denunciare i pericoli di una libertà sradicata dalla verità sull’uomo e su Dio, Leone XIII si mostrò profeta. Egli intuì e predisse i mali delle rivoluzioni, e i regimi autoritari e totalitari, che non molti anni dopo si abbatteranno sull’Europa. Gli eventi della storia successiva a Leone XIII confermeranno la validità del suo insegnamento, non solo in ordine all’ascesa della civiltà, ma anche in ordine ad una corretta antropologia della libertà da porre a fondamento di ogni democrazia.
Non a caso Giovanni Paolo II, più di cento anni dopo, affrontando la questione sociale, movendo da una prospettiva culturale più personalista, richiama il valore perenne delle affermazioni centrali della Libertas praestantissimum. Per rifondare le democrazie contemporanee e per superare la cultura consumistica, occorre disporre di una libertà capace di legarsi alla verità su Dio e sull’uomo. Radicando la democrazia in un impianto di antropologia personalista e comunitaria, la Dottrina sociale della Chiesa supera così la tradizione liberale, che molto aveva insistito sui temi dello Stato a servizio dei singoli, dell’uguaglianza e della libertà individuale, quest’ultima intesa soprattutto come libertà da, ossia libertà negativa. Questo concetto venne superato, rifiutando sia la concezione anarchica sia la concezione individualistica di libertà, che all’atto pratico fu la concezione preferita ed enfatizzata dalla maggioranza delle correnti appartenenti alla stessa tradizione liberale.
Il popolo e la democrazia, di cui parla la Dottrina sociale della Chiesa, sono entità che sprigionano da libertà responsabili, solidali: libertà nell’ordine morale e, pertanto, libertà che non contraddicono l’uguaglianza di dignità e di opportunità, la fraternità, il bene comune, la giustizia sociale. Anzi, perseguono questi valori e sono ad essi ministeriali. Vediamo oggi che la libertà è sovente messa in discussione sul piano religioso, proprio per l’uso di segni, quali il crocifisso o il presepe, che si vorrebbero eliminare dai luoghi pubblici, e anche con riferimento alle scuole paritarie, discriminandole con una tassazione ingiusta. Non va trascurato il fatto che l’Ordine del Giorno dei nostri Parlamenti non poche volte è condizionato da lobby finanziarie internazionali, a scapito della sovranità nazionale. Parimenti, la libertà è compressa nei mercati finanziari, dominati da oligopoli ed oligarchie tecnocratici. Ciò che appare più preoccupante, in tutto questo scenario, è che tale situazione concorre a distruggere il tessuto civile dei nostri Paesi.
La rivendicazione dei diritti personali, quando motivata a partire da quell’individualismo libertario e radicale, si rivela come il peggior nemico dello Stato di diritto e del bene comune. La crisi della democrazia va affrontata seriamente, prendendo – per così dire – il toro per le corna. E soprattutto, intervenendo su quel punto nodale che è il rapporto tra democrazia e libertà, perché è impossibile che la prima possa sussistere senza la presenza di persone libere. Se non si riconnette la democrazia alla persona concreta, alla libertà, come suo punto di partenza e di arrivo, permane il rischio di implosione. Si protrae nel tempo una sensazione di spaesamento, di abitare in un edificio ancora in piedi – non si sa fino a quando – ma sempre sul punto di crollare, senza vedere all’opera energie in grado di restaurarlo o di ricostruirlo. Non a caso, la cultura cristiana e, in particolare, la Dottrina sociale della Chiesa si è attivata per tempo, per dare ad essa, come fondamento stabile, coscienze capaci di ricercare il vero, il bene e Dio.
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