Editoriale

Vangelo nella comunicazione: così Francesco parla di Dio

Papa Francesco concepisce la comunicazione come movimento. Esiste se è in uscita, altrimenti è una eco che rimbalza stancamente in una stanza vuota. Nasce da un cuore che palpita. E che – assieme al sangue nelle vene – fa circolare anche le nostre attese, i nostri desideri e i nostri sogni. Con il Concilio la Chiesa iniziò ad utilizzare gli strumenti di comunicazione di massa. Concependoli come un megafono mediante il quale annunciare il Vangelo. Con la convinzione sottostante che maggiore fosse stata la quantità dei mezzi di comunicazione più ampia sarebbe stata l’efficacia della comunicazione stessa. Si sviluppò, inoltre, il dibattito, che dura ancora oggi, circa la necessità d’avere mezzi propri o di essere presenti nei mezzi non cattolici. Con l’espansione e la globalizzazione di Internet negli anni Novanta, il panorama cambiò radicalmente. Il fenomeno della globalizzazione influenzò tutte le sfere della vita della persona. Questa nuova realtà presentò nuove opportunità e nuove sfide. Il paradigma della comunicazione nella vita degli esseri umani si trasformò, si smise di parlare di mezzi o di strumenti di comunicazione di massa. Giovanni Paolo II, all’inizio degli anni Novanta, fece notare che la Chiesa stava assistendo alla trasformazione degli strumenti di comunicazione sociale, che iniziavano ad essere concepiti come un ambiente che la Chiesa deve abitare ed evangelizzare (Redemptoris Missio, 37).In molti ambiti, però, la Chiesa non ha ancora cambiato il proprio paradigma comunicativo, in quanto si preferisce rimanere legati al vecchio schema secondo il quale i mezzi di comunicazione sono come dei megafoni e non come un ambiente da vivere. Finché l’idea di comunicazione apparterrà al passato si continuerà a realizzare una pastorale che parla con un linguaggio non comprensibile alla società attuale e gli sforzi fatti per la costruzione di uffici di comunicazione e di siti web risulteranno inefficaci. Dunque, solamente un atteggiamento d’apertura verso la conversione pastorale consentirà di valorizzare la comunicazione come una testimonianza dialogante e rispettosa, che ha bisogno anche di spazi di formazione. L’itinerario da seguire in questo processo ecclesiale – nell’ambito della comunicazione – è tracciato dai messaggi che i pontefici hanno offerto nelle ultime decadi. Quindi, il problema della comunicazione nella Chiesa non è collegato alla mancanza degli strumenti tecnici atti a realizzare una buona comunicazione. Ma molte volte all’incapacità di adattarsi al nuovo contesto comunicativo ed alle sue caratteristiche di orizzontalità, interattività e velocità. Insomma, si è aperta una nuova era per la comunicazione ecclesiale. Tutti concordano sul fatto che Francesco è un grande comunicatore. Si può affermare che siamo di fronte ad un nuovo cambio d’epoca. La modernità come viene comunemente intesa, spinta dall’intelletto e dalla ragione, mostra i suoi limiti. E si apre un ciclo nel quale la cultura, la vita, il simbolo e la poetica ricoprono un’importanza notevole. Ne è una conferma il peso che si dà a temi come l’ecologia o l’alimentazione di fronte alla macroeconomia. Francesco dà voce alla tendenza dell’epoca postmoderna: la riscoperta dell’uomo libero da astrazioni e intellettualismi. Le sue parole nascono dell’interpretazione dei segni del tempo. Jorge Mario Bergoglio incarna la risposta efficace alla reale sfida della comunicazione. Non si tratta di un problema che riguarda i mezzi o gli strumenti da utilizzare. Ma piuttosto di un problema che riguarda la comunione, la vicinanza e soprattutto la testimonianza di un Dio misericordioso. Ciò non significa edulcorare il messaggio del Vangelo per far sì che sia più vicino alla società. Ma al contrario affermare l’esigenza di una radicalità della vita cristiana. Oggi la Chiesa, nel campo della comunicazione, deve anche essere capace di recuperare l’universo simbolico nella capacità creatrice della parola e nel potere evocatore dell’immagine. Questi due elementi offrono nuove possibilità di rinnovamento del linguaggio, che deve essere capace di creare nelle differenti culture luoghi dove sia possibile percepire la presenza del sacro sia a livello personale che comunitario. Perciò, mistica e social. La nuova evangelizzazione, dunque, ha
un cuore antico.

Giacomo Galeazzi

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