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Corno d’Africa: la battaglia secessionista che sconvolge la regione

Terremoto geopolitico nel Corno d’Africa e nel Mar Rosso. A lanciare l’allarme è l’agenzia missionaria vaticana FidesLa regione del Corno d’Africa riveste una fondamentale posizione strategica rispetto all’intera area del Mar Rosso. L’Italia esercita nel Corno d’Africa un ruolo di primo piano nel mantenimento di assetti di pace e stabilità. Nel solco di storiche relazioni di amicizia e di un tradizionale e articolato impegno. La Farnesina ha avviato numerose collaborazioni. Nei settori politici, di sicurezza, economici, sociali, culturali e di cooperazione allo sviluppo. E su temi quali la lotta alla povertà e l’appoggio ai processi di integrazione regionale. Sia sul piano bilaterale, sia nell’ambito dell’Unione Europea. Importanti sono anche i contributi finanziari erogati dell’Italia alle Agenzie delle Nazioni Unite. Diretti al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni nelle aree più vulnerabili.

Strategia-Africa

Nella regione hanno sede due Organizzazioni regionali. E cioè l’Unione Africana e l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo-IGAD. In ambito multilaterale, l’Italia ha accreditato un proprio Rappresentante Permanente presso l’Unione Africana in qualità di osservatore. E detiene la funzione di co-chair dell’IGAD Partners Forum (IPF), che riunisce i donatori dell’organizzazione regionale. A margine del Summit Unione Europea-Unione Africana, si è tenuta la Conferenza ministeriale della Horn of Africa Initiative. Forum politico di dialogo tra Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan. Con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione economica regionale attraverso programmi di sviluppo. Nel corso dell’anno, si sono svolti ulteriori incontri a livello ministeriale tra Paesi membri dell’iniziativa. Adesso, però, domina l’incertezza all’indomani dello storico accordo firmato il 1° gennaio tra Abiy Ahmed Ali, premier etiopico e Muse Bihi Abdi, presidente del Somaliland. In base a questa intesa Addis Abeba ottiene uno storico risultato. In cambio del riconoscimento ufficiale della regione secessionista somala. E cioè un accesso al mare lungo 20 chilometri di costa per le proprie “forze navali” per una durata di 50 anni.

Accesso al mare

L’Etiopia, evidenzia Fides, ha perso l’accesso al mare nel 1993 a seguito dell’indipendenza dell’Eritrea. E di conseguenza la marina militare etiopica ha cessato di esistere. Per potere commerciare via mare, viste le tensioni con Asmara, Addis Abeba ha un accordo per utilizzare il porto di Gibuti. Il Somaliland, regione settentrionale della Somalia, si è autoproclamata indipendente nel 1991. E finora non è stata riconosciuta come Stato indipendente da nessun altro Paese. L’accordo del 1° gennaio segna, quindi, una svolta. L’Etiopia è il secondo Paese più popoloso dell’Africa. Nela sua capitale ospita la sede dell’Unione Africana. Ora non solo riconosce il Somaliland ma si impegna a fornire supporto militare. Se non altro per difendere le proprie forze navali una volta ricostituite e basate in un porto di questo Paese. Le rinnovate ambizioni navali etiopiche erano già emerse nel 2018. Quando era stato annunciato la ricostruzione della Marina con l’aiuto della Francia. Di recente pure la Russia si è dichiarata disponibile ad aiutare Addis Abeba a ricostruire le sue forze navali.

Reazione

Il riconoscimento del Somaliland da parte dell’Etiopia ha provocato la viva reazione del governo di Mogadiscio. Che ha denunciato “una flagrante violazione della sua sovranità e unità”. E ha richiamato il proprio ambasciatore ad Addis Abeba. Anche gli islamisti Shebab, un gruppo affiliato ad al-Qaeda che dal 2007 conduce una sanguinosa insurrezione contro il governo federale somalo. E hanno condannato l’accordo e “l’agenda espansionistica di Abiy Ahmed”. Il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha avviato consultazioni con il Qatar e l’Egitto. Due Paesi rispettivamente rivali. Gli Emirati Arabi Uniti appoggiano l’Etiopia. E hanno già una presenza civile e militare nel porto di Berbera nel Somaliland. L’ Etiopia, invece, è in contrasto con il Cairo per via della diga sul Nilo. Le rivalità tra i Paesi del Corno d’Africa si intrecciano infatti con quelle degli Stati del Golfo Persico. E con i giochi delle maggiori potenze (dall’Iran alla Turchia, dalla Cina agli Usa). Anche alla luce degli attacchi degli Houti contro la navigazione nel Mar Rosso.

Giacomo Galeazzi

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