Diabolerie

Shock in Israele: 16 enne stuprata da più di 30 uomini

Shock, sdegno e collera. Sono queste le reazioni che sta suscitando la notizia di una presunta violenza sessuale nei confronti di una ragazza 16enne in un albergo a Eliat, località di vacanze in Israele. La polizia ha aperto un’indagine per accertare cosa sia realmente accaduto ma, secondo alcune indiscrezioni la giovane sarebbe stata stuprata da più di trenta uomini.

I fatti riportati dai media

Secondo quanto riferito dai media israeliani la giovane vittima, che al momento della presunta aggressione sarebbe stata ubriaca, ha inoltrato una denuncia alla polizia lo scorso venerdì. Infatti, la violenza si sarebbe consumata nella giornata del 14 agosto, ma resa nota solo ora dopo l’arresto di uno dei presunti responsabili.

Il nome della giovanissima sarebbe uscito sui social media e i servizi sociali hanno chiesto che venga trasferita in un posto sicuro per evitare che possa subire pressioni dai suoi aggressori e quindi ritirare la denuncia.

La giovane si trovava al Red Sea Hotel, secondo quanto ricostruito, ospite di alcuni amici. Si sarebbe recata in una delle camere per usufruire del bagno e lì si sarebbe verificata la brutale violenza. Un primo sospettato di 27 anni, con cui la giovane si era scambiata degli sms, nei quali l’uomo accennava all’esistenza di un video dell’atto criminale, è stato arrestato.

Le manifestazioni e la condanna

La scioccante notizia ha suscitato sdegno e collera e circa un migliaio di persone in tutto il Paese è sceso in piazza per dimostrare solidarietà alla ragazza e a tutte le altre vittime di violenza sessuale. Anche a Gerusalemme un centinaio di manifestanti ha presenziato al raduno.

Il primo ministro, Benjamin Netanyahu, e il ministro della difesa, Benny Gantz, hanno duramente condannato la violenza sessuale. “Un fatto scioccante, non ci sono altre parole. Non è solo un crimine contro la ragazza – ha twittato il premier – ma un crimine contro l’umanità stessa, meritevole di ogni condanna. I responsabili devono essere consegnati alla giustizia“.

Manuela Petrini

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