Diabolerie

Quando il cibo diventa schiavitù

Il cibo come fine e non come mezzo. Il maxi procedimento penale sul guru dell’alimentazione macrobiotica è finito ad Ancona con un patteggiamento a un anno e otto mesi per il fondatore del gruppo e un anno e due mesi per la moglie.

Cibo e violenza privata

Caduta l’accusa di riduzione in schiavitù, inizialmente ipotizzata, riqualificata in violenza privata per qualche sporadico episodio. Accuse dunque molto ridimensionate. All’inizio l’addebito era aver creato una setta per ridurre in schiavitù e maltrattare persone costrette a pesanti diete. L’udienza davanti al giudice per le indagini preliminari, Sonia Piermartini deve essere ancora fissata quanto ai reati di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù ed evasione fiscale. Per i reati ipotizzati nel 2018 quando scoppiò il caso, il pubblico ministero Paolo Gubinelli ha chiesto l’archiviazione.

Gli addebiti

Per l’accusa  devono cadere i restanti addebiti per gli imputati Quanto all’addebito di abuso della professione medica si andrebbe verso un altro patteggiamento. Per la difesa nessuna ipotesi di reato è risultata provata dalle indagini e le forti accuse sono finite in una modesta contestazione. Gli adepti venivano costretti a lasciare la loro attività e a lavorare di fatto gratis per l’associazione. L’esame dei conti bancari, secondo gli investigatori, aveva confermato “come le ingenti somme venissero, alla fine, convogliate sui conti personali e dei familiari dei principali indagati”.

Abusi psicologici

Sulla richiesta di archiviazione delle accuse di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù ed evasione fiscale, c’è già un’istanza di opposizione. E’ dell’avvocato Francesco Alagna, dell’Osservatorio contro gli abusi psicologici di Firenze che assiste una trentina di parti offese. Per la difesa le condotte contestate al fondatore del gruppo e alla moglie non avevano rilevanza penale e le ipotesi di reato erano insussistenti. Insomma per la difesa una “brutta parentesi” chiusa con il patteggiamento scelto al rito ordinario del processo. Sia per la troppa durata che l’avvio di un dibattimento avrebbe comportato, sia per i costi da sostenere e anche per i riflessi mediatici negativi.

Gianluca Franco

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