Sono passati esattamente quattro anni da quel tragico pomeriggio: attorno alle 18,40, nel comune in provincia di Bergamo Brembate di Sopra, il 26 novembre 2010 veniva rapita la piccola Yara Gambirasio, che uscendo dalla palestra di ginnastica artistica smise improvvisamente di rispondere ai messaggi delle amiche e della famiglia. Il suo cadavere è stato ritrovato in un campo di Chignolo d’Isola tre mesi dopo e da quel momento, accertato l’omicidio, le indagini non si sono più fermate.
Da oltre cinque mesi si trova in carcere quello che sembra essere il suo assassino: Massimo Bossetti, incastrato dal Dna trovato sugli abiti della giovane. Ma la famiglia della piccola ginnasta, da sempre ritirata in un insolito e composto silenzio, si dice esausta della situazione: “Non vogliamo un colpevole – afferma il loro avvocato Enrico Pelillo – ma il colpevole”.
“Abbiamo sempre rispettato il lavoro di tutti e atteso l’esito degli accertamenti – ha continuato il legale in un’intervista al Corriere della Sera – ora aspettiamo il processo, la sede opportuna in cui si assumono le prove. Speriamo si celebri velocemente, per accertare se l’indagato è il colpevole”.
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