Vietati i funerali solenni di Carmelo Muià

Per motivi di sicurezza, il questore di Reggio Calabria ha vietato a Siderno le esequie in forma pubblica e solenne di Carmelo Muià, detto “Mino”, ucciso in un agguato il 18 gennaio e ritenuto affiliato alla cosca dei Commisso. “Stamattina – spiega la questura in una nota – nel cimitero di Siderno si sono svolti, in forma strettamente privata, i funerali di Carmelo Muià, 45 anni, deceduto a seguito di agguato e ritenuto intraneo alla cosca di 'ndrangheta dei Commisso operante in Siderno, con ramificazioni in Canada, Argentina ed Australia, attiva nel narcotraffico, in infiltrazioni negli appalti pubblici e nel racket delle estorsioni“. 

L'impegno delle Istituzioni nella lotta alla mafia

Dal 2015, questo è il quattordicesimo provvedimento di divieto di funerali in forma pubblica e solenne che il questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi, ha emesso nei confronti di appartenenti a cosche criminali operanti nella provincia. Il provvedimento, reso esecutivo con notifica ai congiunti, “è finalizzato a scongiurare che la celebrazione dei funerali possa rappresentare occasione propizia per la commissione di azioni di rappresaglia, iniziative intimidatorie o illegali“. Inoltre, la questura ha sottolineato che “il provvedimento adottato è l'ulteriore conferma della linea di fermezza adottata dalle Istituzioni contro ogni possibile forma di illegalità e a garanzia e tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica“. 

Le indagini

Come riporta La Gazzetta del sud Calabria, l'uccisione di Muià ha aperto nuovi inquietanti scenari: potrebbe infatti aver fatto saltare gli equilibri fra le 'ndrine. Muià era ritenuto uno dei presunti affiliati di “peso” del potente e ramificato clan dei Commisso di Siderno, una cosca che ormai da decenni occupa un posto di rilievo nel “gotha” della 'ndrangheta reggina e calabrese, attivo nel narcotraffico e con infiltrazioni negli appalti pubblici e nel racket delle estorsioni. Pregiudicato e sorvegliato speciale, Muià era stato condannato per mafia a 6 anni nel processo “Crimine” ed a 7 anni in primo grado nel processo “La Morsa sugli appalti”. La polizia sta indagando a 360 gradi per ricostruire la dinamica dell’accaduto e tentare di risalire ai possibili responsabili. L’inchiesta è affidata alla Procura della Repubblica di Locri che sta lavorando in stretto raccordo con la Dda di Reggio Calabria.