Cronaca

Presa la banda di spacciatori, anche minorenni, legata al clan Scalisi

Maxi blitz antidroga nel Catanese, in Sicilia. La polizia di Catania ha sgominato un banda di spacciatori, composta anche da minorenni. Le forze dell’ordine hanno arrestato 15 persone che operavano ad Adrano, comune situato nella parte sud-occidentale del vulcano Etna. Gli arrestati sono indagati a, vario titolo, dalle Procure Distrettuale e per i Minorenni di Catania, per associazione per delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanza stupefacente, per reati in materia di armi e per estorsione. Ad alcuni è contestata anche con l’aggravante di avere agevolato la cosca mafiosa “Scalisi”, storicamente collegata alla cosca Laudani di Catania.

Il clan Scalisi

Il Scalisi è fortemente radicato nel tessuto di Adrano. Tre anni fa, l’11 luglio del 2017, la polizia aveva inferto un duro colpo al clan, arrestando 36 persone. L’operazione venne chiamata “Illegal Duty“. In quella occasione i reati, a vario titolo furono: associazione a delinquere di stampo mafioso con l’aggravante di essere associazione armata finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Inoltre: tentato omicidio, detenzione e spaccio di droga, furto, estorsione, detenzione di armi, ricettazione e danneggiamento seguito da incendio le altre accuse. Oltre 200 agenti della squadra mobile di Catania e del commissariato di polizia di Adrano effettuarono il blitz. Gli arresti erano avvenuti ad Adrano ed in altri comuni del catanese fra cui Biancavilla e Santa Maria di Licodia. In conclusione, erano finite in manette 36 persone; altre 3 erano irreperibili perché all’estero.

Il boss detenuto

L’attività investigativa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, riguardava l’arco temporale novembre 2014 – giugno 2016. Il clan Scalisi di Adrano è capeggiato dal boss detenuto Giuseppe Scarvaglieri, in contatto con la famiglia mafiosa Laudani di Catania. Nel periodo oggetto di indagini, il capo dell’organizzazione continuava ad essere, come riferito da uno dei collaboratori di giustizia, “l’autorità suprema del gruppo” e continuava a dirigere la “famiglia” nonostante la detenzione.

Milena Castigli

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