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Giovani e lavoro: è ora di passare dalle parole ai fatti

C’è un tema che nel nostro Paese non passa mai di moda, ed è sempre un tema “caldo”: giovani e lavoro. Si tratta infatti di due termini che hanno strettamente a che fare con il futuro della società, e sono strettamente interconnessi: senza giovani non c’è futuro e senza lavoro non c’è avvenire e non ci sono neanche famiglie che investono in nuove vite… Un circolo vizioso da spezzare. Per farlo non basta un singolo intervento, ma occorre che tutti gli attori sociali, in primis le istituzioni nazionali – approntino strategie a medio e lungo termine. E lo facciano insieme.

La voce della Chiesa

“‘Giovani e lavoro: un cantiere che non ammette ritardi’ è un tema a me molto a cuore e su cui molte volte mi sono espresso”. Lo ha sottolineato il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in un recente intervento nel corso di un incontro promosso dalla Pastorale sociale e del lavoro dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve a Compignano di Marsciano (Pg).

“Parlare del rapporto tra i giovani e il lavoro – ha precisato il cardinale – significa affrontare tre questioni, a mio avviso, di grande importanza”, che sono, ha aggiunto, “la dignità della persona umana, la famiglia e il futuro della nostra società”.

No all’idolatria del lavoro

Il presidente della Cei, nel soffermarsi sulla “dignità”, ha evidenziato che “attraverso il lavoro gli esseri umani partecipano alla con-creazione del mondo. Se noi riconosciamo questa sacralità, se noi assumiamo la consapevolezza che possiamo fare del bene con le nostre opere, allora anche la nostra umanità si arricchisce e la vita acquista un significato nuovo. L’assenza di lavoro – o il suo opposto, l’idolatria del lavoro – svilisce invece l’animo umano e porta molti giovani alla rassegnazione, all’umiliazione e alla perdita di speranza”. Entrando nel merito del rapporto giovani e lavoro, il cardinale Bassetti ha parlato delle vicende lavorative “non moralmente accettabili”, riferendosi “ad esempio, alla pratica dei lunghi tirocini gratuiti; oppure ad alcune forme di collaborazione con remunerazioni discutibili; ad alcuni orari di lavoro troppo impegnativi; e infine, nel caso delle donne, a quella sottile condizione di ricatto morale, più o meno esplicita, che si viene a creare in alcune situazioni lavorative in caso di gravidanza”.

Giustizia ed equità

“Abbiamo un grande obiettivo che, come avrebbe detto La Pira, è direttamente ispirato dal Vangelo – ha auspicato Bassetti –: costruire un mondo del lavoro che sappia valorizzare appieno il talento dei nostri giovani e che possa permettere di armonizzare la vita familiare con quella lavorativa. Per fare tutto questo, occorre costruire in definitiva una società più giusta. Una società che sappia coniugare lo sviluppo economico del nostro Paese con le legittime aspirazioni dei nostri ragazzi. ‘Praticare la giustizia e l’equità – si legge nel libro dei Proverbi – è cosa che il Signore preferisce ai sacrifici’. Giustizia ed equità: due principi sacrosanti che dobbiamo tradurre concretamente nel mondo lavoro. E lo dobbiamo fare non solo perché bisogna rispettare alcuni ideali, ma per amore dei nostri giovani, per amore dei nostri figli, per amore delle nostre famiglie. Questo è il comandamento di Gesù: il comandamento dell’amore”.

Centro per l’impiego (immagine di repertorio)

Un edificio in cui essere protagonisti

“Giovani e lavoro. Un cantiere che non ammette ritardi”. È proprio così: sono troppi anni che parliamo della disoccupazione giovanile. Dobbiamo cercare di chiudere questo cantiere nel più breve tempo possibile e inaugurare un nuovo edificio. Un edificio in cui i nostri ragazzi e le nostre ragazze possano veramente sviluppare la loro personalità e, soprattutto, essere i protagonisti del mondo di oggi e della società del futuro”.

La parola alla sociologa del lavoro Rosita Garzi

Abbiamo sollecitato su questo tema anche Rosita Garzi, Professore aggregato e ricercatore di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università degli Studi di Perugia.

Perché la Chiesa si occupa del tema giovani e lavoro?

“Credo che occuparsi di giovani e lavoro sia fondamentale per dare una speranza alle nuove generazioni. E in questo la Chiesa ha un ruolo determinante. Il lavoro non è soltanto una dimensione economica su cui fondare il proprio progetto di vita, ma ha una funzione sociale di riconoscimento, di autorealizzazione, di partecipazione al sistema sociale e questo muore se non si investe nei giovani. Poi c’è sempre il problema della riproduzione sociale. Oggi la decrescita e l’invecchiamento della popolazione hanno assunto nel nostro Paese un ritmo preoccupante e se non arrivano appelli da tutte le istituzioni (tra cui anche la Chiesa) sull’importanza dell’investimento nei giovani, beh saremo presto un Paese estinto…”

La sociologa del lavoro Rosita Garzi

Che cosa c’è nella visione della Chiesa su questo tema?

“C’è molto. Nella Bibbia per esempio si parla spesso del lavoro con valenza fondativa della vita umana e questo la Chiesa non lo dimentica, come non andrebbe mai dimenticato in nessun ambiente politico e sociale. I giovani trovano spazio nella società anche grazie alla loro professione, al lavoro che svolgono e alla posizione che ricoprono. Ogni persona lavora per rispondere a un bisogno, che non è mai uguale per tutti, né lo stesso per tutta la vita. L’unica costante che può restare è il servizio alla società che esso svolge. Grande e piccolo che sia, soltanto nel ‘fare insieme’ il lavoro ha un significato sociale e di utilità comune. Altrimenti resta arido e fine a se stesso. Leggo volentieri gli scritti del noto economista Luigino Bruni che si è cimentato sui fondamenti biblici del lavoro. Lo consiglierei a tutti”.

Come dare speranza ai giovani in cerca di lavoro, spesso scoraggiati da esperienze fallimentari di stage o lavori a tempo?

“Certo il mercato oggi offre spesso occasioni fugaci, instabili, precarie ma ogni occasione va colta per imparare qualcosa in più e guardare sempre avanti dove si vuole arrivare… Le occasioni di lavoro andrebbero vissute partecipando attivamente, con resilienza e non subendo quanto viene proposto…E poi occorre motivare i giovani a fare ciò che piace loro, ciò che li stimola e li interessa di più, perché è seguendo le proprie attitudini che le capacità si sviluppano meglio e la riuscita è maggiore anche sul lavoro. Spesso invece noi adulti siamo portati a consigliare carriere e lavori dove ‘sembra ci sia’ una maggiore possibilità occupazionale, che si traduce poi in un ‘fare qualcosa’ che non piace con una limitata capacità di inserimento e di progressione di carriera…. Se non un vero e proprio fallimento”.

 

Cosa manca in Italia al sistema di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro?

“Ecco, un altro punto dolente siamo noi adulti… che tra scienza e politica non dobbiamo arrenderci di fronte alle difficoltà delle diverse crisi economiche che negli ultimi decenni hanno complicato la situazione per i giovani nel Nostro Paese. In Italia siamo ancora carenti di una politica giovanile tout court, eppure abbiamo una scuola che malgrado tutto ancora funziona bene, fornendo una buona cultura generale di base, ma manca un collante efficace con il mercato del lavoro… i nostri ragazzi, rispetto al resto d’Europa, sono sempre più in difficoltà … bisognerebbe investire maggiormente nella formula dell’alternanza scuola-lavoro, negli stage efficaci e retribuiti, nei contratti di formazione e apprendistato ispirandoci a ciò che funziona bene per esempio in Germania. Dove il tasso di disoccupazione giovanile è tra i più bassi d’Europa e i giovani studiano e lavorano presto… E poi ci vorrebbe un po’ di sana stabilità che oggi manca sempre di più, soprattutto in Italia, sia sul piano umano e sociale, sia sul piano economico – politico. Pochi interventi, ben ragionati sul mercato locale e soprattutto se efficaci, stabili e duraturi… questo già aiuterebbe i giovani a inserirsi presto nel sistema economico-sociale”.

Mariangela Musolino

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