Intanto si moltiplicano gli episodi di libertà negate e fuga dalla povertà. Frammenti di disperazione e oscurantismo. I talebani hanno rilasciato il fotoreporter iraniano Mohammad Hossein Velayati, arrestato all’aeroporto di Kabul il 19 agosto, e lo hanno consegnato all’ambasciata iraniana. Il vice portavoce dei talebani Bilal Karimi ha confermato il rilascio di Velayati, considerato vicino alle Guardie della Rivoluzione, che era stato arrestato mentre stava per salire su un aereo per tornare a casa, senza alcuna spiegazione. Era entrato legalmente a Kabul per un soggiorno di dieci giorni. Povertà e sopraffazione. Quasi cinquemila chilometri nascosto tra pneumatici, alimenti, tappeti, nel retro di un camion, dall’Afghanistan all’Italia- Per raggiungere suo padre in Germania. Solo, senza cibo e acqua, sapendo parlare solo la sua lingua, una volta arrivato in provincia di Monza, stremato, ha chiesto aiuto ai carabinieri, mostrando un consunto braccialetto rosso con su scritto “help”.
È la storia di Sayed (nome di fantasia), 14 anni, salvato mentre vagava di notte, solo per le strade di Seveso, in provincia di Monza, da una pattuglia di carabinieri. I militari lo hanno notato camminare a testa bassa, in lontananza, magrissimo e stremato. Quando lui ha visto le sirene blu accese ha iniziato a sbracciarsi, attirando la loro attenzione. Ai carabinieri che lo hanno raggiunto e hanno provato a parlargli, non ha risposto. Ha fatto capire che non conosceva né italiano, né inglese e ha mostrato il braccialetto con la scritta “help” cioè aiuto. E un aiuto è quello che gli hanno fornito i militari. Senza documenti, visibilmente denutrito e senza forze, è stato portato in caserma. I carabinieri gli hanno dato da bere e da mangiare, e hanno atteso la mattina insieme a lui, per poter chiedere l’aiuto di un’interprete capace di tradurre dal farsi.
Quando è arrivata, il ragazzino nella sua lingua ha raccontato di aver viaggiato da solo dal suo Paese al nostro. Passando per le rotte balcaniche dei migranti del Mediterraneo. Con l’obiettivo di arrivare in Germania e mettersi alla ricerca di suo padre, partito prima di lui. Ha spiegato di aver viaggiato per intere settimane con poca acqua e praticamente senza cibo, intrufolandosi tra i carichi dei tir. Senza precisare come e chi gli abbia indicato come fare. L’unico documento che aveva nella tasca di un paio di jeans logori indossati con una t-shirt azzurra e nessun bagaglio al seguito, era un biglietto del treno Trieste-Monza, che ha usato dopo aver lasciato l’ultimo tir. Da qualche giorno però, si sentiva allo stremo delle forze, e ha capito di aver bisogno di aiuto. Non sapendo dove andare, spaventato e preoccupato di essere in qualche modo in pericolo, quando ha visto i carabinieri ha deciso di provare a richiamare la loro attenzione, sapendo di avere al polso un messaggio di richiesta di aiuto universale, che qualcuno gli ha messo. Ricostruita la sua storia, segnalato il caso all’autorità minorile, Sayed è stato accompagnato in una struttura della provincia di Como. Resterà lì fin quando le autorità non saranno riuscite a rintracciare suo padre, sperando che possano presto riabbracciarsi.
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