Nessuno può staccarsi dalla propria storia, dalla storia del proprio popolo: sempre nelle abitudini portiamo questa eredità, e anche nella preghiera”, ha detto, a braccio, il Papa.

Quando preghiamo, non lo facciamo mai da soli”, ha fatto notare Francesco: “Anche se non ci pensiamo, siamo immersi in un fiume maestoso di invocazioni che ci precede e che prosegue dopo di noi. Un fiume maestoso. Nelle preghiere che troviamo nella Bibbia, e che spesso risuonano nella liturgia, c’è la traccia di antiche storie, di prodigiose liberazioni, di deportazioni e tristi esili, di commossi ritorni, di lodi sgorgate davanti alle meraviglie del creato… E così queste voci si tramandano di generazione in generazione, in un continuo intreccio tra l’esperienza personale e quella del popolo e dell’umanità a cui apparteniamo”.

“Nella preghiera di lode, specialmente in quella che sboccia nel cuore dei piccoli e degli umili, riecheggia qualcosa del canto del Magnificat che Maria innalzò a Dio davanti alla sua parente Elisabetta”, ha spiegato il Papa ripreso da Sir: “O dell’esclamazione del vecchio Simeone che, prendendo in braccio il Bambino Gesù, disse così: ‘Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola’”.

“I santi sono ancora qui, non lontani da noi”

“Nella Chiesa non c’è un lutto che resti solitario, non c’è lacrima che sia versata nell’oblio, perché tutto respira e partecipa di una grazia comune. Non è un caso che nelle antiche chiese le sepolture fossero proprio nel giardino intorno all’edificio sacro, come a dire che ad ogni Eucaristia partecipa in qualche modo la schiera di chi ci ha preceduto”, ha sottolineato Francesco: “Ci sono i nostri genitori e i nostri nonni, ci sono i padrini e le madrine, ci sono i catechisti e gli altri educatori”.

“Quella fede tramandata, trasmessa, che noi abbiamo ricevuto”, ha proseguito a braccio: “e con la fede è stato trasmesso anche il modo di pregare, la preghiera”. “I santi sono ancora qui, non lontani da noi; e le loro raffigurazioni nelle chiese evocano quella nube di testimoni che sempre ci circonda”, ha assicurato il Papa, rimandando al brano della Lettera agli Ebrei letto prima della catechesi: “Sono testimoni che non adoriamo – beninteso –, ma che veneriamo e che in mille modi diversi ci rimandano a Gesù Cristo, unico Signore e mediatore tra Dio e l’uomo”.

“Un santo che non ti rimanda a Gesù Cristo non è un santo”

Un santo che non ti rimanda a Gesù Cristo non è un santo, neppure è cristiano”, ha aggiunto, ancora a braccio, il Papa. “Il santo ti fa ricordare Gesù Cristo, perché lui ha percorso quella via di vivere come un cristiano”, ha proseguito Francesco: “I santi ci ricordano che anche nella nostra vita, pur debole e segnata dal peccato, può sbocciare la santità, anzi all’ultimo momento”.

“Non a caso nei Vangeli leggiamo che il primo santo canonizzato è stato un ladro”, ha aggiunto a braccio: “canonizzato non dal Papa, dallo stesso Gesù”. “La santità è un percorso di vita, di incontro con Gesù, sia lungo, sia breve sia, di un istante, ma è sempre una testimonianza”, ha osservato il Papa ancora fuori testo: “Un santo è un testimone, un uomo o una donna che ha incontrato e che ha seguito Gesù”.

Non è mai troppo tardi per convertirsi al Signore, che è buono e grande nell’amore”, l’invito di Francesco: “Il Catechismo spiega che i santi contemplano Dio, lo lodano e non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli di intercedere per noi e per il mondo intero”.