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Udienza giubilare, Bergoglio: “Il dialogo è la vera espressione della misericordia”

In una piazza San Pietro affollata da oltre centomila pellegrini, Papa Francesco ha svolto l’udienza giubilare del mese di ottobre dal tema “Misericordia e dialogo”. Ad accoglierlo, trombettisti e sbandieratori affacciati su uno dei bracci del colonnato del Bernini. Rulli di tamburi, drappi volanti e melodie medioevali hanno accompagnato il giro della piazza, in papamobile di Bergoglio; un giro che è arrivato fin all’inizio di via della Conciliazione, vista l’ingente presenza di fedeli, accorsi da ogni dove per celebrare con il successore di Pietro l’Anno Santo.

Commentando il brano del Vangelo secondo Giovanni, che racconta l’incontro di Gesù con la samaritana, il Pontefice ha sottolineato ciò che “colpisce” la mente di ognuno quando legge questi versetti: “Il dialogo molto serrato tra la donna e Gesù”. “Questo ci permette di cogliere un aspetto molto importante della misericordia, che è proprio il dialogo”. esso “permette alle persone di conoscersi e di comprendere le esigenze gli uni degli altri. Anzitutto, esso è un segno di grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di ascolto e nella condizione di recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore. In secondo luogo – ha proseguito -, il dialogo è espressione di carità, perché, pur non ignorando le differenze, può aiutare a ricercare e condividere il bene comune. Inoltre, il dialogo ci invita a porci dinanzi all’altro vedendolo come un dono di Dio, che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto”.

Tuttavia, Francesco ha ricordato che molte volte “non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro. Non dialoghiamo quando non ascoltiamo abbastanza oppure tendiamo a interrompere l’altro per dimostrare di aver ragione“. Quindi, a braccio, ha aggiunto: “Quante volte stiamo ascoltando una persona, la fermiamo e diciamo: ‘No! Non è così!’ e non lasciamo che la persona finisca di spiegare quello che vuole dire. Questo impedisce il dialogo“. Al contrario, il dialogo, quello “vero”, ha ricordato Bergoglio, “necessita di momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello”.

Comunicare con l’altro “aiuta le persone a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni. C’è tanto bisogno di dialogo nelle nostre famiglie, e come si risolverebbero più facilmente le questioni se si imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente – ha proseguito -. È così nel rapporto tra marito e moglie, e tra genitori e figli. Quanto aiuto può venire anche dal dialogo tra gli insegnanti e i loro alunni; oppure tra dirigenti e operai, per scoprire le esigenze migliori del lavoro”.

Anche la Chiesa, ha sottolineato il Pontefice, “vive di dialogo con gli uomini e le donne di ogni tempo, per comprendere le necessità che sono nel cuore di ogni persona e per contribuire alla realizzazione del bene comune”. All’atto pratico, Francesco ha suggerito di pensare al “al grande dono del creato” e alla responsabilità che tutti abbiamo di salvaguardare la nostra casa comune. Riprendendo la sua enciclica Laudato sì, ha aggiunto: “Il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza ineludibile. Pensiamo al dialogo tra le religioni, per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli uomini, e per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di rispetto e di fraternità”.

“Tutte le forme di dialogo sono espressione della grande esigenza di amore di Dio, che a tutti va incontro e in ognuno pone un seme della sua bontà – ha concluso -, perché possa collaborare alla sua opera creatrice. Il dialogo abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo”. Poi, prima di passare ai saluti, a braccio, ha aggiunto: “Non dimenticatevi: dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io. Se le cose vanno così, la famiglia, il quartiere, il posto di lavoro, saranno migliori. Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che ha nel cuore e incomincio ad urlare (oggi si urla tanto) non avrà buon fine questo rapporto tra noi; non avrà buon fine il rapporto fra marito e moglie, tra genitori e figli”.

Nel salutare le varie delegazioni presenti, Bergoglio ha ricordato il suo predecessore, san Giovanni Paolo II, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, poiché il 22 ottobre inizia ufficialmente il ministero petrino di Karol Wojtyla. “Esattamente trentotto anni fa, quasi a quest’ora, in questa Piazza risuonavano le parole rivolte agli uomini di tutto il mondo: Non abbiate paura! (…) Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo. Queste parole le ha pronunciate all’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II, Papa di profonda spiritualità, plasmata dalla millenaria eredità della storia e della cultura polacca trasmessa nello spirito di fede, di generazione in generazione”.

Francesco ha sottolineato come questa massima, lasciataci in eredità, “era per lui fonte di speranza, di potenza e di coraggio, con cui esortava il mondo ad aprire largamente le porte a Cristo. Quest’invito si è trasformato in un’incessante proclamazione del Vangelo della misericordia per il mondo e per l’uomo, la cui continuazione è quest’Anno Giubilare“. Poi, rivolgendosi ai tanti polacchi presenti, ha aggiunto: “Oggi desidero augurarvi, che il Signore vi dia la grazia della perseveranza in questa fede, questa speranza e quest’amore che avete ricevuto dai vostri avi e che conservate con cura. Nelle vostre menti e nei vostri cuori risuoni sempre l’appello del vostro grande connazionale a risvegliare in voi la fantasia della misericordia, affinché possiate portare la testimonianza dell’amore di Dio a tutti coloro che ne hanno bisogno”.

Infine, salutando i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli, ha invitato a seguire l’esempio del Papa dell’est: “La sua coerente testimonianza di fede sia un insegnamento per voi, cari giovani, ad affrontare le sfide della vita; alla luce del suo insegnamento, cari ammalati, abbracciate con speranza la croce della malattia; invocate la sua celeste intercessione, cari sposi novelli, perché nella vostra nuova famiglia non manchi mai l’amore“.

Fabio Beretta

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