La fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” si appella al governo italiano. E chiede di istituire la carica di “inviato speciale per la libertà religiosa”. Sia per assumere un ruolo. Identificabile e incisivo. A livello internazionale. Sia per confermare il diritto di professare liberamente la fede religiosa. Riconosciuto dall’articolo 19 della Costituzione italiana. Un diritto che non può essere circoscritto nell’ambito dei confini nazionali. Ma al contrario “deve essere promosso in ogni sede. Internazionale. Nazionale. E locale. Quale diritto inviolabile di ciascuno“.
Il Rapporto Acs 2021 fa il punto sulla libertà religiosa nel mondo. 62 Paesi su un totale di 196 fanno registrare violazioni molto gravi della libertà religiosa. Il 67% della popolazione mondiale (5,2 miliardi di persone) vive in nazioni in cui tale diritto umano è seriamente minacciato. La causa principale è la progressiva radicalizzazione del jihadismo. Nel continente africano. Specie nelle aree sub-sahariana. E orientale.
Violazioni della libertà religiosa si sono verificate nel 42% delle nazioni africane. Burkina Faso e Mozambico rappresentano due casi eclatanti. Questa radicalizzazione non si limita all’Africa. È in atto un consolidamento di un network islamista transnazionale. Che si estende dal Mali al Mozambico. Dalle Comore nell’Oceano Indiano alle Filippine nel Mar Cinese Meridionale. Il cui scopo è creare un sedicente califfato transcontinentale.
Anche la persecuzione religiosa da parte dei governi autoritari si è intensificata. Lo dimostra la promozione della supremazia etnica e religiosa. In alcune nazioni asiatiche. A maggioranza indù e buddista. Ciò ha contribuito a intensificare l’oppressione ai danni delle minoranze. Riducendone spesso i componenti a livello di cittadini di seconda classe. L’India rappresenta il caso più eclatante. Ma tali politiche vengono applicate anche in Pakistan. Nepal. Sri Lanka. Myanmar.
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