Ai dirigenti del Partito mussulmano salafita al-Nour è servito il ricorso a una vecchia Fatwa – un parere consultivo emesso da un esperto di legge coranica a un giudice musulmano – per giustificare agli occhi dei dirigenti e dei militanti più rigidi, la presenza di candidati cristiani copti nelle liste elettorali della formazione politica islamista, in vista delle prossime elezioni politiche. La fatwa è stata emessa dallo Sheikh albanese Mohammed Nasreddin al Albani, un importante studioso di legge coranica scomparso nel 1999. Secondo fonti copte la Fatwa – ripresa come punto di riferimento dai leader di al-Nour – giustifica la presenza di battezzati nelle liste di matrice islamista con l’argomento che i cristiani sono considerati meno pericolosi degli atei per l’islam, e rappresentano quindi una sorta di “male minore”.
Sul fronte contrario, in seno alla comunità copta, si discute sull’opportunità di candidare cristiani nelle liste islamiste. Nei giorni scorsi, Nader El-Serafy, candidato cristiano nelle liste di al-Nour – in risposta alle polemiche di chi critica la sua scelta – aveva sottolineato che la Chiesa copta non ha mai condannato la scelta dei cristiani che decidono di militare nei Partiti di ispirazione islamista. A suo giudizio, la presenza di battezzati nelle liste di al-Nour rappresenta “un modello ottimale di esercizio della cittadinanza”, e mostra che le persone di diversa fede religiosa possono coesistere nella stessa formazione politica perseguendo programmi che guardano all’interesse nazionale più che a rivendicazioni particolari.
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