Se c’è un modo per “fare breccia nella memoria di Dio“, è sicuramente “la nostra preghiera” alzata al cielo con “il coraggio della fede“. “Impariamo a bussare al cuore di Dio! E impariamo a farlo coraggiosamente. Che questa preghiera coraggiosa ispiri e nutra anche il vostro servizio nella Chiesa”. Papa Francesco si è rivolto così ai membri del Pontificio Istituto Orientale e della Congregazione per le Chiese Orientali, che festeggiano oggi il centenario della creazione, celebrando l’eucarestia nella basilica di Santa Maria Maggiore, sull’Esquilino. Prima della Messa, il Santo Padre ha visitato il Pontificio Istituto Orientale, ubicato nella piazza che incornicia il tempio mariano. Al suo arrivo, ha salutato i superiori della Congregazione per le Chiese Orientali, i patriarchi e agli arcivescovi maggiori. Poi, nel giardino dell’Istituto, ha benedetto un cipresso alla presenza degli studenti.
Quando Papa Benedetto XV creò questa Congregazione, “cento anni fa, infuriava la prima guerra mondiale“. Oggi, ha ribadito, viviamo “una terza guerra mondiale ‘a pezzi'”, dove i cristiani delle Chiese orientali sperimentano ancora “persecuzioni drammatiche e una diaspora sempre più inquietante”. Nel ringraziare il Signore di questo “giubileo”, Bergoglio ha iniziato con questo parallelismo storico la sua omelia. “Questo fa sorgere tante domande, tanti perché“, quesiti che assomigliano a quelli proposti nel libro di Malachia, testo dal quale è tratta la prima lettura della liturgia odierna.
Tuttavia, ha proseguito il Pontefice, “Dio non dimentica i suoi figli, la sua memoria è per i giusti, per quelli che soffrono, che sono oppressi e si chiedono ‘perché?’, eppure non cessano di confidare nel Signore”. “Quante volte la Vergine Maria, nel suo cammino – ha spiegato Bergoglio -, si è chiesta ‘perché?’; ma nel suo cuore, che meditava ogni cosa, la grazia di Dio faceva risplendere la fede e la speranza”. Poi ha aggiunto: “Quante volte anche noi facciamo questa esperienza, e quante volte la ascoltiamo nelle confidenze e nelle confessioni delle persone che ci aprono il loro cuore. Vediamo i malvagi, quelli che senza scrupoli fanno i propri interessi, schiacciano gli altri, e sembra che a loro le cose vadano bene: ottengono quello che vogliono e pensano solo a godersi la vita. Di qui la domanda: ‘Perché Signore?’”. A questi interrogativi, ha fatto notare il Papa, risponde la stessa Parola di Dio. A tal proposito ha citato il profeta Malachia, aggiungendo: “Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome”.
“C’è un modo per fare breccia nella memoria di Dio: la nostra preghiera”, ha proseguito Bergoglio, sottolineando che “quando si prega ci vuole il coraggio della fede”. Poi ha interrogato i presenti e se stesso: “Ma la nostra preghiera è veramente così? Ci coinvolge veramente, coinvolge il nostro cuore e la nostra vita? Sappiamo bussare al cuore di Dio?”. Ha ricordato, infine, le parole del brano evangelico odierno: “‘Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi siete padri, farete il bene dei vostri figli. E poi va avanti: se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo… E ci aspettiamo che prosegua dicendo: darà cose buone a voi. Invece no, non dice così! Dice: ‘Darà lo Spirito Santo a quelli che lo chiedono’”. Ecco il dono più grande di Dio, il “di più” che il Signore elargisce agli uomini: lo Spirito Santo. “L’uomo bussa con la preghiera alla porta di Dio per chiedere una grazia. E lui, che è Padre, mi dà quello e di più: il dono dello Spirito”.
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