Lo scriba e la vedova: sono queste le due figure centrali dell'ultimo della serie degli insegnamenti di Gesù nel tempio di Gerusalemme. Due figure che, spiega Papa Francesco durante l'Angelus domenicale, sono contrapposte: “Lo scriba rappresenta le persone importanti, ricche, influenti; l’altra – la vedova – rappresenta gli ultimi, i poveri, i deboli. In realtà, il giudizio risoluto di Gesù nei confronti degli scribi non riguarda tutta la categoria, ma è riferito a quelli tra loro che ostentano la propria posizione sociale, si fregiano del titolo di 'rabbi', cioè maestro, amano essere riveriti e occupare i primi posti”. Un'ostentazione che, spiega il Santo Padre “è soprattutto di natura religiosa, perché pregano – dice Gesù – 'a lungo per farsi vedere' e si servono di Dio per accreditarsi come i difensori della sua legge. E questo atteggiamento di superiorità e di vanità li porta al disprezzo per coloro che contano poco o si trovano in una posizione economica svantaggiosa, come il caso delle vedove”.
Un meccanismo, questo, che Gesù smaschera: “Denuncia l’oppressione dei deboli fatta strumentalmente sulla base di motivazioni religiose, dicendo chiaramente che Dio sta dalla parte degli ultimi. E per imprimere bene questa lezione nella mente dei discepoli offre loro un esempio vivente: una povera vedova, la cui posizione sociale era irrilevante perché priva di un marito che potesse difendere i suoi diritti, e che perciò diventava facile preda di qualche creditore senza scrupoli, perché questi creditori perseguitavano i deboli perché li pagassero”. La donna, ha spiegato il Pontefice, “va a deporre nel tesoro del tempio soltanto due monetine, tutto quello che le restava e fa la sua offerta cercando di passare inosservata, quasi vergognandosi. Ma, proprio in questa umiltà, ella compie un atto carico di grande significato religioso e spirituale”. Un gesto colmo di sacrificio che non sfugge a Gesù “che anzi in esso vede brillare il dono totale di sé a cui vuole educare i suoi discepoli”.
Recuperare quello che è essenziale nella nostra vita, favorendo “una concreta e quotidiana relazione con Dio”. Questo è l'insegnamento che Gesù ci lascia: “Le bilance del Signore sono diverse dalle nostre – ha spiegato Papa Francesco -. Lui pesa diversamente le persone e i loro gesti: Dio non misura la quantità ma la qualità, scruta il cuore, guarda alla purezza delle intenzioni”. Questo significa che “il nostro 'dare' a Dio nella preghiera e agli altri nella carità dovrebbe sempre rifuggire dal ritualismo e dal formalismo, come pure dalla logica del calcolo, e deve essere espressione di gratuità, come ha fatto Gesù con noi: ci ha salvato gratuitamente; non ci ha fatto pagare la redenzione”. E, come espressione di gratuità, anche noi siamo chiamati a fare lo stesso e per questo Gesù indica la vedova “come modello di vita cristiana da imitare… Quando siamo tentati dal desiderio di apparire e di contabilizzare i nostri gesti di altruismo, quando siamo troppo interessati allo sguardo altrui… quando facciamo 'i pavoni', pensiamo a questa donna. Ci farà bene: ci aiuterà a spogliarci del superfluo per andare a ciò che conta veramente, e a rimanere umili”.
Al termine dell'Angelus, il Santo Padre ha ricordato la ricorrenza del centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, che il suo predecessore “Benedetto XV definì 'inutile strage'”, ricordando inoltre il suono delle campane in tutto il mondo delle 13.30: “La pagina storica del primo conflitto mondiale è per tutti un severo monito a respingere la cultura della guerra e a ricercare ogni mezzo legittimo per porre fine ai conflitti che ancora insanguinano parecchie regioni del mondo. Sembra che noi non impariamo. Mentre preghiamo per tutte le vittime di quella immane tragedia, diciamo con forza: investiamo sulla pace, non sulla guerra”.
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