C’è il dolore ma c’è anche la speranza. Perché “la preghiera è la forza mite e santa da opporre alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo e della guerra”. Lo ha detto Papa Francesco, al termine dell’Angelus, invitando i fedeli a unirsi alla Chiesa in Terra Santa a una giornata da dedicare “alla preghiera e al digiuno”, fissata a martedì 17 ottobre. Accanto agli appelli, c’è bisogno di altro. Della forza motrice che alimenta il dialogo, il confronto, anche la ragione. Francesco rinnova il suo appello alla liberazione degli ostaggi e all’impegno, da parte delle forze in campo in Medio Oriente (e anche nel Nagorno-Karabakh), affinché “i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto”. Ma anche per garantire “il diritto umanitario, soprattutto a Gaza, dov’è urgente e necessario garantire corridoi umanitari e soccorrere tutta la popolazione”. Poi occorre la preghiera, l’invocazione del bene accanto alla richiesta di far tacere la violenza: “Non si versi altro sangue innocente, né in Terra Santa, né in Ucraina o in qualsiasi altro luogo”, perché “le guerre sono sempre una sconfitta, sempre”.
Un uomo potente, che è anche un padre generoso, “invita a condividere la sua gioia” per il banchetto di nozze del figlio. È l’immagine che offre la lettura del Vangelo, rivelando una persona buona di cuore e che, soprattutto, non costringe nessuno a unirsi a lui. Senza però dimenticare di invitare tutti, “offrendo gratuitamente un’occasione di incontro, di festa”. Esattamente ciò che prepara Dio per noi: “Un banchetto, per essere in comunione con Lui e tra di noi”. Qualcosa che richiede tempo, un “sì” da dire in libertà. Esattamente “il tipo di relazione che il Padre ci offre: ci chiama a stare con Lui, lasciandoci la possibilità di accettare o non accettare. Non ci propone un rapporto di sudditanza, ma di paternità e di figliolanza, che necessariamente è condizionato dal nostro libero assenso”.
L’uomo ottiene dei rifiuti iniziali. Ossia, la metafora del “no” a Dio. Eppure quel padre non si arrende, “allarga l’invito, finché trova chi lo accetta, tra i poveri. Fra loro, che sanno di non avere molto altro, tanti vengono, fino a riempire la sala”. Molte volte, ha spiegato Papa Francesco, “non ci curiamo dell’invito di Dio perché intenti a pensare alle nostre cose! Spesso si lotta per avere il proprio tempo libero, ma oggi Gesù ci invita a trovare il tempo che libera: quello da dedicare a Dio, che ci alleggerisce e risana il cuore, che accresce in noi la pace, la fiducia e la gioia, che ci salva dal male, dalla solitudine e dalla perdita di senso”. Un invito al quale vale la pena rispondere, “nella Messa, nell’ascolto della Parola, nella preghiera e anche nella carità, perché aiutando chi è debole o povero, facendo compagnia a chi è solo, ascoltando chi chiede attenzione, consolando chi soffre, si sta con il Signore, che è presente in chi si trova nel bisogno”.
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