“Siamo ormai prossimi alla nuova tappa che a Marrakech chiamerà gli Stati Parte della Convenzione sui cambiamenti climatici a dare attuazione a quegli impegni. Penso di interpretare il desiderio di tanti nell’auspicare che gli obiettivi delineati dall’Accordo di Parigi non rimangano belle parole, ma si trasformino in decisioni coraggiose capaci di fare della solidarietà non soltanto una virtù, ma anche un modello operativo in economia, e della fraternità non più un’aspirazione, ma un criterio della governance interna e internazionale”. Lo ha scritto il Papa nel messaggio inviato al direttore generale della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, José Graziano da Silva, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione.
I cambiamenti climatici, ha affermato Bergoglio, e tra gli altri temi quello dei “migranti climatici”, “non appartengono esclusivamente alla sfera della meteorologia”. “I diversi effetti negativi sul clima derivano dai comportamenti quotidiani di persone, comunità, popoli e Stati. Se abbiamo coscienza di questo, la sola valutazione in termini etici e morali non basta. E’ necessario agire politicamente e cioè operare le scelte necessarie, scoraggiare oppure promuovere comportamenti e stili di vita, a vantaggio delle nuove generazioni e di quelle che verranno. Solo così possiamo preservare il pianeta“.
Il Pontefice ha sottolinea che bisogna andare alla radice e “risalire alle cause dei cambiamenti”. Il Papa ha parlato in particolare della logica del consumo e della produzione “ad ogni costo”, una logica che modifica o mette a rischio “le diverse specie animali e vegetali”. Produrre qualità che “in laboratorio danno ottimi risultati – ha osservato – può essere vantaggioso per alcuni, ma avere effetti rovinosi per altri”. Il principio di precauzione, ammonisce, “non basta” e chiede “di agire con equilibro e onesta”. Anche nella selezione genetica delle piante, ribadisce, bisogna tener conto “dei terreni che perderanno la loro capacità di produrre, degli allevatori che non avranno pascolo per il loro bestiame”.
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