Chiesa Cattolica

Etiopia, la presenza di Cristo tra le donne vulnerabili e i loro bambini

In Etiopia dalla parte dei più fragili. Una testimonianza condivisa con l’agenzia missionaria Fides da suor Joaquin Brown. Missionaria nella regione dei Somali in Etiopia. In occasione della visita alla piccolissima comunità cattolica dell’arcivescovo Antoine Camilleri. Nunzio apostolico di Etiopia e Gibuti. “Viviamo alle ‘frontiere del Vangelo’. A Gode. Un luogo dove la stragrande maggioranza della popolazione è musulmana. C’è una piccola presenza di comunità ortodosse ed evangeliche. E una piccola presenza della Chiesa cattolica nella nostra missione di sette missionari. Tre dei quali sono volontari”, racconta la religiosa. E aggiunge: “Abbiamo appena fatto esperienza della cura e della sollecitudine della Chiesa. Attraverso la visita del nunzio presente qui in Etiopia”. Un modo per “aiutarci nella nostra missione di testimoniare la presenza di Cristo. Anche attraverso il nostro lavoro con le donne vulnerabili e i loro bambini. E attraverso l’opera di trasformazione del nostro deserto. E attraverso la coltivazione di frutta e verdura. Per renderci più autosufficienti”.

Testimonianza-Etiopia

“Per raggiungerci il nunzio ha sfidato la piaga di miriadi di insetti e coleotteri arrivati in seguito alle piogge. Che speravamo cadessero poiché fino a quel momento ne avevamo avute ben poche. E così abbiamo ricevuto allo stesso tempo la pioggia naturale e la grazia soprannaturale!-spiega suor Joaquin Brown-. La Santa Messa, le omelie sulla Parola di Dio, la possibilità della confessione. Abbiamo avuto il dono di riascoltare l’annuncio della vita della Chiesa nei diversi luoghi. Di essere confortati dalla notizia dell’ultima Lettera Apostolica del Santo Padre su Santa Teresa di Lisieux. Una volta ripartito l’arcivescovo Camilleri, siamo tornati ad alcune delle urgenze concrete poste dalla pioggia tanto attesa. Compresa l’interruzione dell’energia elettrica. Anche se abbiamo un generatore, il costo elevato della benzina impone di stare attenti. E comunque non può soddisfare tutte le nostre necessità. Una delle quali è quella di poter pompare l’acqua per noi e per i nostri vicini detenuti in prigione. Ai quali ogni giorno arrivano 20 mila litri”.

Sos ospedali

Prosegue la missionaria: “Nei giorni successivi, durante le riparazioni in corso, “ci siamo ritrovati alle nostre porte quello che sembrava un ‘diluvio di necessità’. Persone con un disperato bisogno immediato di aiuto. Una di loro era mamma di due gemelli appena nati. Erano in una piccola capanna desolata alla periferia del paese dove vengono gettati i rifiuti. Gli altri suoi cinque figli non avevano mangiato quel giorno quando arrivammo alle quattro del pomeriggio. Abbiamo condiviso il cibo che avevamo in casa. E poi abbiamo  portato la madre e suo marito, con i neonati, in ospedale. Ogni volta che porto i poveri in ospedale, rimango colpita dalla complessità con cui devono confrontarsi. Perché non solo sono malati e spesso non sanno parlare la lingua del medico curante. Ma sanno anche poco di come funziona il loro corpo. Assomigliano ad ‘agnelli condotti al macello’. Spinti e trascinati da un esame all’altro. Senza mai fare domande o nemmeno capire cosa sta succedendo. Ricevono pezzi di carta che non possono leggere. Per medicine che non possono permettersi. E che non saprebbero nemmeno come assumere”.

Giacomo Galeazzi

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