Il tribunale del Cairo, in Egitto, ha accusato alcuni uomini di essere in contatto con i jihadisti dell’auto-proclamato Stato Islamico (Daesh) e di essere coinvolti nella strage dei 21 egiziani copti trucidati in territorio libico nell’inverno 2015. Gli accusati fanno parte di un gruppo di 20 egiziani già sotto processo con l’imputazione di aver operato per creare una “cellula” terrorista dell’Isis nel governatorato di Marsa Matrouh, un porto marittimo capoluogo del Governatorato di Matru.
Nella motivazione, il Pubblico Ministero ipotizza che l’orrendo eccidio fosse stato compiuto “per indurre l’esercito a intervenire militarmente” nel conflitto contro le milizie jihadiste che controllavano parte del territorio libico. In effetti, all’alba del 16 gennaio 2015, a poche ore dalla diffusione online del macabro video dell’esecuzione dei 21 copti, aerei dell’esercito egiziano avevano attaccato e bombardato postazioni dei jihadisti nell’area di Derna, in Libia.
“La vendetta per il sangue degli egiziani – si leggeva in un comunicato diffuso delle forze armate egiziane – è un diritto assoluto e sarà applicato. L’Egitto rivendica il diritto di difendere la propria sicurezza e stabilità dagli atti criminali compiuti da elementi e formazioni terroriste all’interno e all’esterno del Paese”. I 21 copti trucidati per sgozzamento erano stati rapiti in Libia nella notte di Capodanno tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 e uccisi il 12 febbraio seguente.
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