I membri del Partito comunista “non devono e non possono credere in alcuna religione. Si tratta di un principio inamovibile, importante dal punto di vista ideologico e organizzativo. Non ci possono essere dubbi al riguardo”. E’ quanto scrive Zhu Weiqun, presidente della Commissione per gli affari etnici e religiosi della Conferenza consultiva politica del Popolo cinese.
L’articolo, pubblicato sul Global Times (la versione internazionale del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito), è uscito dopo le critiche mosse dalla Commissione centrale per l’ispezione e la disciplina ad alcuni funzionari locali del Partito scoperti mentre prendevano parte ad attività religiose di vario tipo. Il fatto che i Partiti comunisti di Vietnam, Cuba e Russia permettano oggi ai propri membri di seguire una religione “non dovrebbe in alcun modo influenzare le nostre politiche. Il Partito cinese deve decidere la propria politica religiosa seguendo le condizioni proprie della Cina”, si legge ancora nell’editoriale. Zhu ha accusato anche quegli studiosi cinesi che hanno chiesto al Partito e al governo un’apertura verso la libertà religiosa: “Si tratta di persone che si sono convertite tanto tempo fa al cristianesimo”.
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