Sono passati poco più di due mesi dalla sentenza della Corte Suprema di Islamabad che ha assolto Asia Bibi. Una settimana dopo la pronuncia dei giudici, la donna veniva rilasciata e trasferita in una località segreta del Pakistan, impossibilitata, però, ad andare all'estero in attesa del ricorso presentato da estremisti contro la sua assoluzione.
Ma qual è la situazione odierna di Asia Bibi? La donna cristiana, rinchiusa in carcere per 3420 giorni dopo una banale lite con alcune sue colleghe di lavoro, non è riuscita ancora a riabbracciare la sua famiglia al completo. Il clima d'odio contro di lei fomentato nel Paese dai gruppi di fondamentalisti ha reso necessario il trasferimento dei suoi figli in Canada, per salvaguardare la loro incolumità fisica. Dopo la sentenza, infatti, la casa in cui abitavano due figlie della donna è stata bersagliata da colpi di fuoco sparati da un commando di estremisti. Nelle sue conversazioni telefoniche con Joseph Nadeem di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Asia Bibi ha espresso tutta la sua preoccupazione per la vita della sua famiglia.
Le notizie più recenti che arrivano sulla donna cristiana non sono confortanti: nonostante l'assoluzione e la liberazione dal carcere di Multan, continua a vivere in una condizione di prigionia de facto. Rimane, infatti, sorvegliata a vista dalle forze di polizia pakistane in un luogo segreto dove non le è consentito neppure di aprire la finestra per timore di essere riconosciuta e quindi esposta alle aggressioni delle folle di estremisti che sono scese in piazza nei giorni successivi alla sentenza invocando la sua condanna a morte.
Solo poche persone hanno l'accesso al luogo in cui vive oggi Asia Bibi. Gli amici che l'hanno visitata hanno raccontato che l'abitazione è confortevole ma ci sono molte limitazioni alla sua libertà di movimento. Per paura di essere identificati e finire nel mirino degli estremisti, queste persone hanno chiesto di mantenere il totale anonimato. Dal giorno dell'assoluzione anche il marito vive in clandestinità, accanto a lei. Gli anni della prigionia sono stati durissimi anche per lui, costretto a fuggire ad abbandonare la sua casa di sempre per trovare rifugio in un quartiere popolare di Lahore. Sempre al fianco della moglie detenuta, l'uomo ha dovuto tutelare anche l'incolumità delle figlie Esha ed Ehsam continuamente minacciate dai vicini più radicali. Ashiq Masih, dopo esser stato ferito dallo sparo di un manifestante nei giorni successivi alla sentenza di assoluzione, ha fatto un appello pubblico per chiedere aiuto ai Paesi occidentali: vorrebbe riunire la famiglia in un luogo sicuro, all'estero, lontano dal clima di odio che si respira ancora oggi – nonostante la pronuncia della Corte Suprema – nella loro patria di origine.
La festa, istituita da Pio XII nel 1955 e complementare a quella del 19 marzo,…
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15, 1-8 https://www.youtube.com/watch?v=e2jizurIXFU In quel tempo, disse Gesù ai…
Dalla Terra Santa alla Sindone. L’arcivescovo di Torino monsignor Roberto Repole ha invitato il Patriarca…
Il lavoro come diritto e opportunità: oltre le barriere della disabilità. Apre nel cuore di…
"Quando torno a casa, di questi momenti passati con i giovani mi resta il sorriso,…
In questo Primo Maggio, da Monfalcone, in Friuli, nel cuore di un territorio che ha…
Questo sito utilizza i cookies per migliorare l'esperienza dell'utente
Altre informazioni