Chiesa Cattolica

Dal “Nuovo mondo” ad Attone Colocci Vespucci: nel nome dell’America. Il mea culpa di papa Francesco

America dalla scoperta al mea culpa. La dinastia dei Vespucci si è estinta con la scomparso di Attone Colocci Vespucci. Morto ad Ancona per un incidente stradale ad Ancona, si chiamava come un congiunto vittima dei nazisti. Della nobile famiglia jesina, trucidato dai tedeschi durante l’ultima guerra. Nato a Roma il 3 febbraio del 1919, venne catturato dai tedeschi in ritirata il 19 luglio del 1944 nei pressi del fiume Esino. E costretto a tirare un pesante carro per alcuni chilometri. Fu visto vivo per l’ultima volta, in località Selva Torta di Monsano, da una contadina. Alla quale, stremato di forze, chiese da bere. La donna gli versò del vino. Il giovane ne accettò un dito. Ci unì dell’acqua, avvicinò il bicchiere alle labbra. Ma non bevve. “Non mi va giù”, disse alla donna. E la ringraziò. Proseguì la strada, sempre spingendo il carro. Il giorno dopo il cadavere del giovane venne trovato in mezzo ad un campo con due ferite d’arma da fuoco in direzione del cuore. E con il corpo martoriato. Sulla sua tomba è scritto: “Vilmente ucciso dalla barbarie nemica, discendente di una famiglia millenaria e gloriosa”. Una dinastia all’origine del “Nuovo mondo” al quale il navigatore Amerigo Vespucci diede il nome di America.

Mea culpa per le colpe in America

Un anno e mezzo fa da papa Francesco è arrivato l’appello a fare memoria del passato. A riconoscere gli errori commessi in passato nel Nuovo mondo. Inclusi quelli inflitti dalla Chiesa cattolica. “I peccati personali e sociali. Le azioni o omissioni che non hanno contribuito all’evangelizzazione. A partire dalle razzie dei conquistadores. Con la pubblica offerta di scuse ai popoli nativi che hanno profondamente sofferto. Fantasmi del passato non risolti che riportano a galla capitoli bui che si trascinano da secoli. I conquistadores, subito dopo la scoperta delle Americhe, consideravano gli indios non equiparabili ai bianchi. Non mancarono all’epoca dispute teologiche per stabilire se le popolazioni maya o inca avessero o meno un’anima. Finché nel 1537 una bolla papale (la “Sublimis Deus”) promulgata da Paolo III, vietò finalmente la schiavitù degli indios. Invalidando qualsiasi contratto. Decretando che gli indios erano davvero esseri umani.

 

Giacomo Galeazzi

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