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Una dittatura “gender” in Andalusia?

Scuole medie, scuole superiori, associazioni, farmacie, persino le famiglie. Riguardano diversi settori della società, sono pervasive le nuove disposizioni approvate in Spagna dalla Provincia autonoma dell'Andalusia finalizzate a prevenire “atteggiamenti fobici Lgbt, nella sfera sociale, della salute, della educazione, della ricreazione e dello sport, della famiglia o in altre aree”.

La legge

La misura approvata nell'Andalusia presieduta dalla socialista Susan Diaz – rileva l'Osservatorio Gender – ricalca un disegno di legge già preso a modello in tutta la Spagna: l'Assemblea autonoma di Madrid, ad esempio, ha approvato nel 2016 una legge che prevede “un piano di azione per l’integrazione dell’alunno nella scuola”, che si struttura attraverso “l’individuazione tempestiva di quelle persone in età infantile scolare che possano essere avviate a un processo di manifestazione della propria identità di genere”.

C'è una analogia tra quella legge madrilena e questa, più recente, andalusa. In un passaggio, quest'ultima, introduce un “diritto” all'accesso ai farmaci che ritardano la pubertà, evitando “lo sviluppo di caratteristiche sessuali secondarie indesiderate”. Inoltre, saranno bandite quelle “terapie avversive o qualsiasi altra procedura che implichi un tentativo di conversione, eliminazione o soppressione del proprio orientamento sessuale o identità di genere“. Insomma, gli omosessuali che si sentono a disagio con la loro condizione non potranno accedere a terapie che possano aiutarli.

Dalle farmacie alle tv, la legge coinvolge proprio tutti. Verranno infatti puniti coloro che usano “ripetutamente espressioni degradanti per motivi di orientamento sessuale, identità sessuale o espressione di genere” su qualsiasi mezzo di comunicazione, compresi i social media di Internet. La legge fa inoltre appello al Governo, affinché si faccia garante in modo che tutti i media di massa “adottino, mediante autoregolamentazione, codici etici che prevedano il rispetto dell’uguaglianza e il divieto di discriminazione per motivi di orientamento sessuale e identità di genere, sia nel contenuto informativo che nella lingua utilizzata”.

Vietato infine insegnare agli studenti che esistono “solo” due sessi. “I contenuti dei materiali didattici utilizzati nelle istruzioni degli studenti – si legge – promuoveranno il rispetto e la protezione del diritto alla diversità sessuale e di genere e all’espressione di genere, nonché un’educazione non binaria, che rende visibile la diversità corporea e sessuale, e diversità familiare”.

E cosa rischiano i trasgressori? Multe fino a 6mila euro, mentre per coloro che si renderanno “colpevoli” di inadempienze “più gravi” le multe potranno arrivare fino ad addirittura 120mila euro.

La critica dei vescovi

Sulla nuova legge non hanno fatto mancare la propria voce di dissenso i vescovi dell'Andalusia, che in una nota la ritengono una “minaccia alla vita familiare, all’educazione e alla professione medica. È, quindi, una legge che compromette la libertà di pensiero, la libertà di coscienza, la libertà di educazione e insegnamento e la libertà religiosa”. “La natura sessualmente differenziata della persona umana – scrivono ancora i presuli – fa parte della sua costituzione e non è possibile sostituire ciò che è biologicamente e costituzionalmente, in favore di ciò che decide liberamente di essere, in favore di ciò che è culturalmente e socialmente costruito. Né la coscienza, né la volontà, individuale o collettiva, creano o determinano ciò che siamo”.

Simone Pellegrini

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