Prima ripetutamente vandalizzata, poi fatta sparire. E’ una storia senza lieto fine quella di “Spy Booth”, una delle opere più riuscite di Banksy, l’artista e writer inglese considerato il massimo eponente della streer art contemporanea. L’opera era stata dipinta a a Cheltenham, nel Gloucestershire, poco lontano dalla sede della Gchq, l’agenzia di intelligence britannica coinvolta nel cosiddetto “Datagate”.
Il murales, che raffigura tre spie con i classici oscchiali scuri da agente segreto e intenti ad ascoltare telefonate, era stato realizzato nel 2014 ed era stato recentemente stimato per un milione di euro. Nonostante questo, l’opera era finita più volte nelle mani di vandali, che l’avevano deturpata, non a caso l’anno scorso le autorità locali lo avevano posto sotto tutela. Tuttio questo, però, non è servito a preservarla.
“Spy booth”, infatti, è finita letteralmente in pezzi per un grossolano errore durante i lavori di ristrutturazione del muro della casa sul quale era stata realizzata. L’ignaro proprietario dell’edificio, David Possee, ha dichiarato ai media che i muratori – in teoria – dovevano operare tutelando la salvaguardia del graffito, invece mentre lavoravano all’intonaco questo si è sbriciolato irrimediabilmente, rovinando per sempre il capolavoro di Banksy.
“Avevamo parlato con il proprietario – spiega Mark Nelson, del consiglio comunale di Cheltenham. – Per noi la tutela dell’opera di Banksy è sempre stata una priorità e il proprietario sapeva di avere l’obbligo di proteggerla durante i lavori di ristrutturazione”.
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