Bambini palestinesi vogliono incontrare i loro coetanei israeliani: no di Hamas

Ormai sono decenni che si parla delle trattative di pace vere o presunte tra israeliani e palestinesi. Ci sono voluti storici accordi e una risoluzione dell’Onu, mai interamente applicata, per dare una possibilità di stop al conflitto poi vanificata dagli eventi degli ultimi anni. Tuttavia il modo migliore sarebbe stato lasciar spazio alla spontaneità dei bambini che non distinguono il colore, la bandiera, la lingua. Purtroppo stavolta Hamas, movimento islamico palestinese che controlla la Striscia di Gaza, ha emesso un provvedimento secondo cui non era consentita la visita di 37 bambini in territorio israeliano, attraverso il valico di Erez, “per salvaguardare la cultura del popolo palestinese e proteggerlo dalla politica di normalizzazione”.

Viene spontaneo chiedersi quale sia il concetto di “normalità” cui questo comunicato si riferisce. Non certamente quella che vede coetanei, seppure di provenienza etnica e religiosa diverse, giocare insieme, condividere esperienze, emozioni, sentimenti, quanto piuttosto incitare le contrapposizioni, il razzismo, l’intolleranza. Ecco quindi che in un contesto di guerra, la brutalità della stessa viene stimolata e premiata, nel tentativo di esacerbare persino gli animi dei più giovani annichilendo in loro qualsiasi volontà di pace. D’altra parte va detto che purtroppo, nella Striscia, le parti tra vittime e carnefici si invertono costantemente, senza che sia possibile stabilirne un confine.