Decine di arresti nel Kurdistan iraniano oggi, nell’anniversario dell’uccisione di Mahsa Amini, morta esattamente un anno fa a Teheran dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Stamani Amjad Amini, il padre di Mahsa, è stato arrestato mentre lasciava la sua abitazione a Saqqez.
“Un certo numero di persone che stavano scattando foto e girando video di negozi e centri commerciali e volevano mandarli a media dissidenti all’estero sono stati arrestati dalle forze di sicurezza questa mattina”. Lo ha dichiarato il vice governatore generale della provincia del Kurdistan iraniano Mehdi Ramezani. “Gli arrestati, affiliati a gruppi terroristi anti rivoluzionari, stavano organizzando raduni a Marivan e Sanandaj e pianificavano sabotaggi”, ha aggiunto il funzionario, come riporta Irna.
Da questa mattina, sono rimasti chiusi per uno sciopero i negozi in varie località curde, tra cui Saqqez, la città di cui era originaria Mahsa Amini, la 22enne morta esattamente un anno fa dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Da giorni è stata segnalata una massiccia presenza delle forze di sicurezza in varie città del Paese, soprattutto a Teheran e nel Kurdistan iraniano mentre in varie città sono state denunciate interruzioni all’accesso a internet per impedire possibili proteste. Secondo attivisti dei diritti umani, almeno 91 curdi sono stati arrestati e centinaia interrogati nelle ultime due settimane. A Sarpol-e Zahab, nella provincia di Kermanshah, sette giovani sono stati arrestati per “azioni mirate ad incoraggiare il popolo a partecipare a proteste”, in occasione dell’anniversario della morte di Mahsa, che lo scorso anno provocò un’ondata di dimostrazioni antigovernative in molte città del Paese che andarono avanti per mesi.
Amjad Amini, il padre di Mahsa, morta esattamente un anno fa a Teheran dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto, è stato arrestato mentre lasciava la sua abitazione a Saqqez. Lo fanno sapere la ong ‘Hengaw’ e vari account di dissidenti iraniani sui social media. Nei giorni scorsi, con l’avvicinarsi dell’anniversario della morte della figlia e delle proteste antigovernative che esplosero subito dopo, l’uomo era stato messo sotto sorveglianza e gli era stato chiesto di non tenere cerimonie per commemorare Mahsa.
“Nonostante il soffocamento politico e sociale e la deplorevole e dolorosa situazione economica, il popolo iraniano non farà un passo indietro rispetto alle sue richieste legittime ma, al contrario, resisterà con forza, più di prima, contro la repressione e i giorni bui”. Lo si legge in una dichiarazione del Centro degli scrittori dell’Iran, pubblicata sui social media in occasione del primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita a Teheran un anno fa dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. “Veniamo uccisi perché vogliamo vivere come gli altri esseri umani”, si legge in un’altra dichiarazione da parte del Fronte Nazionale dell’Iran. “Insisteremo con la nostra richiesta legittima che è un ‘no’ alla Repubblica islamica”, hanno dichiarato i membri del partito politico Fronte della Convergenza dell’Iran, omaggiando chi ha perso la vita “combattendo per la libertà” nel Paese durante gli ultimi 44 anni, ovvero a partire dalla fondazione della Repubblica islamica.
Fonte: Ansa
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