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Reggio Calabria: il traffico di rifiuti in mano alla cosca Piromalli, 29 arresti

Ventinove misure cautelari personali, diverse delle quali rivolte ad esponenti apicali della ‘ndrangheta, e il sequestro di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna sono state eseguite stamani dai carabinieri del Gruppo forestali e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell’ambito di una inchiesta della Dda reggina. Gli indagati sono accusati, a vario titolo di, associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti ed altri reati ambientali al termine di una indagine condotta dal Nipaaf, il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri Forestali.

Operazione “Mala pigna”

All’operazione, denominata “Mala pigna”, hanno partecipato anche i carabinieri forestali dei Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, con il supporto dello squadrone eliportato “Cacciatori Calabria” e i militari dell’ottavo Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Il traffico di rifiuti in mano alla cosca Piromalli

La filiera dei rifiuti partiva da Gioia Tauro e arrivava fino al Nord Italia. A gestirla, scrivono gli inquirenti, era la cosca Piromalli. L’epicentro del traffico di rifiuti sarebbe stato Gioia Tauro. Oltre all’associazione mafiosa, la Dda reggina ha contestato agli indagati pure il reato di disastro ambientale. Con l’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Bellini, sono finiti in carcere esponenti di vertice della famiglia mafiosa ma anche imprenditori di riferimento della cosca Piromalli, già al centro dell’operazione Chirone dello scorso marzo sulla gestione delle assunzioni nella Asp di Reggio Calabria.

Arrestato l’avvocato Pittelli

Sono in tutto 44 gli indagati dell’inchiesta “Mala Pigna” che ha fatto luce su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Tra i destinatari dell’ordinanza ci sarebbe anche l’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, scrive Ansa, già imputato nel maxiprocesso Rinascita-Scott della DDa di Catanzaro nel settembre dello scorso anno.

L’avvocato, arrestato per concorso esterno, secondo la Dda era “uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico’”. Questo rapporto, per i pm, era “caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità”.

Pittelli avrebbe garantito “la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione”.

Secondo gli investigatori, infatti, l’ex senatore Pittelli aveva “illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore“. Per questo “veicolava informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis”. I boss che avrebbero usufruito del rapporto con Pittelli sarebbero Giuseppe Piromalli detto “Facciazza” e il figlio Antonio Piromalli, reggente dell’omonima cosca.

Come nel processo “Rinascita-Scott”, anche nell’operazione “Malapigna” l’accusa per l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli è concorso esterno in associazione mafiosa. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria, è stata notificata all’avvocato nella sua abitazione dove Pittelli si trovava agli arresti domiciliari. Dopo le formalità di rito, l’avvocato ed ex parlamentare sarà accompagnato nella casa circondariale.

Scopelliti: “Pittelli ‘postino’ della cosca Piromalli per pagamento perito”

GSecondo l’accusa “Pittelli avrebbe anche svolto – è scritto nel capo di imputazione – un ruolo da ‘postino’ per conto dei capi della cosca Piromalli, nella perizia balistica relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti” il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ucciso il 9 agosto del 1991 in un agguato a Campo Calabro, nel reggino, mentre rientrava a casa a bordo della sua autovettura.

In particolare, l’ex parlamentare, secondo l’accusa, avrebbe sottoposto all’attenzione di un indagato, ritenuto “soggetto di estrema fiducia” della famiglia mafiosa Piromalli di Gioia Tauro, “una missiva proveniente da Antonio Piromalli finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli detto “Facciazza” indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di ‘ndrangheta e di Cosa nostra siciliana, dell’omicidio del giudice Scopelliti facendosi portavoce delle esigenze della cosca”. In sostanza, per la Dda reggina, avrebbe pianificato “un sistema al fine di eludere la tracciabilità del denaro necessario alle strategie difensive, proveniente da profitti criminali”.

Milena Castigli

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