Attualità

L’Eucarestia è comunione, non devozionismo

“Ad oggi ancora non è possibile partecipare alla Messa. È possibile ricevere almeno la comunione, sempre chiaramente rispettando tutte le norme igienico-sanitarie? In molti se lo chiedono. Cercherò di rispondere tenendo conto dell’attuale situazione che le nostre comunità cristiane stanno vivendo”, spiega don Francesco Verzini, presidente in Umbria dell’Associazione San Paolo (Anspi). Il settimanale cattolico umbro “La Voce”, edito dall’arcidiocesi umbra, da tre anni offre ai suoi lettori la rubrica “Domanda & risposta sulla liturgia”, curata dal sacerdote perugino don Francesco Verzini, cerimoniere del cardinale e presidente della Cei Gualtiero Bassetti e specializzato all’Istituto di liturgia pastorale “Santa Giustina” di Padova, tra i più importanti centri di studio su questo argomento.

Assemblea eucaristica

Spiega don Verzini: “Un dato storico che ci permette di collocare la comunione fuori dalla messa nel suo contesto originario. Giustino, martire e apologeta cristiano del II secolo, nella sua Prima Apologia, descrivendo l’assemblea eucaristica domenicale testimonia che “a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi  (il pane e il vino) sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi” (cfr. Prima Apologia, c.67) (Il brano è proposto nell’Ufficio delle letture della III domenica di Pasqua, che quest’anno è stata il 26 aprile). Da questo possiamo dedurre come conseguenza che la Chiesa, almeno in alcune regioni geografiche, sin dalle origini abbia assunto come prassi quella di comunicare anche le persone assenti alla celebrazione. Giustino non specifica il motivo dell’assenza, ma possiamo supporre che gli assenti fossero coloro impossibilitati a prendere parte alla celebrazione, come gli ammalati. Questo in qualche maniera giustificherebbe la prassi sempre più diffusa nella Chiesa di conservare l’eucarestia anzitutto per la comunione ai malati o ai morenti. Il resto dei fedeli partecipavano e partecipano oggi come allora alla comunione sacramentale nella celebrazione della messa (o della celebrazione della Parola nel caso in cui sia un diacono a presiederla) e non al di fuori di essa”.

Fuori dalla Messa

Prosegue don Verzini: “Ci sono però alcuni documenti magisteriali, come anche il Rito della comunione fuori dalla messa e culto eucaristico, che aprono alla possibilità di dare la comunione “anche fuori dalla Messa ai fedeli che ne fanno richiesta” (numero 14). Possiamo quindi rispondere alla domanda in maniera affermativa. La possibilità di ricevere la comunione fuori dalla messa oggi è legittimata dall’indicazione del rituale, poiché attualmente i fedeli non possono prendere parte alla celebrazione. Detto questo, pongo una domanda: cosa ci manca in questo momento emergenziale?”

No al devozionismo

Si chiede don Verzini: “Perché chiediamo come laici, o pratichiamo come preti, la comunione fuori dalla messa? Mi permetto di chiederlo perché, senza giudizio alcuno,  se la risposta fosse limitata al solo desiderio, più che comprensibile, di fare la comunione allora ci si potrebbe chiedere se abbiamo consapevolezza di cosa sia l’eucarestia. L’eucarestia è una celebrazione ricca di riti e parole che concorrono tutti all’edificazione del corpo di Cristo che è la Chiesa? Oppure l’eucarestia sono solo le specie eucaristiche quasi fossero uno dei tanti oggetti che rispondono a qualche nostro bisogno? Nella situazione che stiamo vivendo è opportuno fare la comunione fuori dalla messa, ingenerando il rischio di sganciare l’eucarestia dal suo contesto celebrativo, che non è riducibile alle sole specie eucaristiche, e magari di avallare con questa prassi una fede poco matura che cade nel devozionismo?

Paola Anderlucci

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