Gli incendi, che qualche mese fa hanno distrutto la flora e la fauna dell’Australia, sono la causa della grande nube scura che sta facendo il giro del mondo.
La colossale nuvola di fumo provocata dai devastanti fuochi che hanno colpito l’Australia a dicembre e gennaio continua, dopo quasi quattro mesi, a svolgere un suo peculiare moto di rivoluzione attorno al nostro pianeta. Scienziati internazionali hanno seguito la nube da quando si è formata con gli incendi di foreste che hanno incenerito più di 12 milioni di ettari di terreno in gran parte d’Australia. Lo scienziato Richard Querel, del National Institute of Water and Atmospheric Research in Nuova Zelanda, in una relazione ha osservato che “è eccezionale che una nube di fumo possa essere osservata per più di cento giorni”, aggiungendo che il fumo ha già girato più volte attorno al globo. Querel ha spiegato che la massa principale è alta circa cinque chilometri e larga centinaia di chilometri ed è una delle più grandi nubi di fumo osservate dai satelliti a tale altitudine nell’atmosfera. “Gli incendi erano così dinamici che hanno iniettato fumo e aerosol di carbonio nella stratosfera, che da allora si sono elevati fino a circa 35 km sopra la superficie terrestre”.
Gli sforzi di conservazione e di valutazione dell’effettivo impatto degli incendi boschivi, fondamentale per monitorare il recupero di specie ed ecosistemi, hanno purtroppo subito un notevole rallentamento a causa della pandemia di Covid-19. La crisi sanitaria, in particolare, impedisce o limita fortemente il lavoro sul campo degli scienziati, impegnati a valutare l’impatto dei roghi, privandoli di preziose informazioni. Le operazioni più urgenti, come il foraggiamento alla fauna, sono comunque proseguite in molte aree, adottando alcune precauzioni. Alcune attività di monitoraggio, volte a comprendere lo stato delle specie più a rischio e a pianificare le necessarie azioni per favorirne il recupero, sono però state sospese a causa delle limitazioni agli spostamenti. “Significa che non possiamo seguire la traiettoria completa del recupero e non possiamo determinare l’iniziale impatto degli incendi”, ha detto al Guardian Mark Lintermans, professore dell’università di Canberra.
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