Coronavirus: previsioni catastrofiche delle Università mondiali, 15-68 milioni di morti

Il Daily Mail e Business Insider riportano i numeri preoccupanti dei possibili decessi della Australian National University e dell'Università di Pavia

Il prestigioso giornale inglese, Daily Mail, riporta numeri sconcertanti riguardo la possibile proliferazione del Coronavirus (COVID-19): 15 milioni di morti. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche Business Insider che fa riferimento ad uno studio dell’Università di Pavia.

I numeri

Il Daily Mail riporta l’ultima ricerca elaborata dalla Australian National University di Canberra la quale ha dichiarato che il PIL globale può ridursi di più di 2 mila miliardi di dollari anche se la pandemia del virus rientrasse nella fascia bassa mentre colpirebbe fino a sferzarla dell’8% l’intera economia mondiale, in caso il virus si attestasse nella fascia più elevata. Ma nello scenario più disastroso, il bilancio delle vittime potrebbe raggiungere l’incredibile cifra di 68 milioni, tra cui centinaia di migliaia di morti in Gran Bretagna e negli Usa. Proprio negli Stati Uniti, la situazione sta peggiorando la California ha dichiarato lo stato di emergenza. La stessa cosa aveva fatto a fine febbraio lo Stato di Washington e la Florida il 2 marzo. Con una nave in quarantena al largo della costa californiana (dove dovrebbe essersi ammalato il 71enne morto ieri e dove ci sono 21 persone con sintomi tra viaggiatori e membri dell’equipaggio), gli Stati Uniti fanno un primo bilancio dell’emergenza Coronavirus: undici morti,  più di 160 i contagiati. Altri studi, negli ultimi mesi, hanno fatto sorgere i primi interrogativi su ciò che bisogna aspettarsi dal Coronavirus. per esempio, Ira Longini, biostatista ed epidemiologa americana, aveva dichiarato, sviluppando i dati del governo cinese, per giunta probabilmente minimalisti, che il Covid-19 il 66 per cento di 7,7 miliardi di persone, e che alla fine saranno 45-50 milioni i morti a livello globale.

In Italia

In Italia, le stime risultano essere ugualmente preoccupanti alla luce delle ultime ipotesi elaborate dall’Università di Pavia: 14 mila contagiati entro domenica 8 marzo.  Il numero previsto dalla commissione di esperti messa insieme dall’esecutivo è lo stesso calcolato dal professore di identificazione dei modelli e analisi dei dati, Giuseppe De Nicolao, coadiuvato dallo studio di Enrico Bucci ed Enzo Marinari, con l’ausilio di Giorgio Parisi, Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. I risultati, calcolati sulla base della rilevazione dei pazienti positivi tra il 25 febbraio e il primo marzo pubblicata sul sito della Protezione civile, presentano “un chiaro andamento esponenziale che, in assenza di interventi radicali e tempestivi, potrebbe far superare i 14.000 positivi entro domenica 8 marzo”. Il professore sottolinea quindi come le misure del governo, in caso le stime si rilevassero alla fine fondate, risulterebbero del tutto inefficaci con conseguenze molto preoccupanti sul piano europeo e non solo. Tornano alla memoria le parole del professor Girolamo Sirchia, storico primario di ematologia al Policlinico di Milano ed ex ministro della Salute, a Interris.it: “Basta che uno Stato si rifiuti di applicare un provvedimento o una misura di contrasto alla diffusione del virus e l’intero coordinamento internazionale diventa inefficace e -continua il professore- l’Europa nasce prima di tutto come area di libero scambio commerciale. Il suo fondamento originario è stato l’interesse economico più che una cultura condivisa e i risultati si vedono anche sul piano della difesa del bene comune e della salute pubblica”. Infatti, per quanto riguarda il problema dei respiratori e delle mascherine gli Stati Europei non sembrano collaborare. Se l’Italia sarà in difficoltà, i partners d’Oltralpe difficilmente le forniranno la strumentazione per far fronte ai numeri previsti dall’Università di Pavia; anche se l’OMS ha lanciato un appello dopo il Consiglio dei Ministri della Salute a Bruxelles per sostenere l’Italia.

 

Mass Media e Università

L’altra questione che si pone è quella relativa alla gestione mediatica dell’emergenza che viene imputata ai giornali. La problematicità sta nel saper coordinare una mole di dati che vengono forniti dai medici in prima linea nella lotta al Coronavirus, dai pazienti nelle zone rosse tramite i cellulari ma anche dalle Università e dalle fonti istituzionali. Mentre i cittadini continuano a chiedersi qual è la verità, quali dati sono effettivamente riscontrabili? Insomma non sono i mass media ad alimentare la psicosi e a drammatizzare l’emergenza, bensì, a quanto pare, si prospetta una reale gravità degli scenari delineati dal mondo accademico nelle sue espressioni più autorevoli. Non è l’indice che la indica ma la luna a dover suscitare attenzione.