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Titanic, colpo di scena dopo 105 anni: fu un incendio la causa del naufragio?

E se il Titanic non fosse affondato a causa di un iceberg? O meglio: se la motivazione ufficiale del disastro non fosse unicamente l’impatto con la montagna di ghiaccio avvenuto al largo dell’isola di Terranova? Sul transatlantico delle White Star Line si è davvero di tutto ma, finora, nessuno aveva mai messo in dubbio che il più famoso naufragio della storia fosse da imputare esclusivamente alla collisione (anzi, all’impatto laterale e scorrevole della fiancata destra) con l’iceberg. Ci ha pensato un giornalista irlandese, Senan Molony, massimo studioso a livello mondiale della tragedia, a rimescolare le carte e a fornire nuovi spunti di riflessione storica: stando a quanto da lui sostenuto, infatti, l’impatto non sarebbe stato che il colpo decisivo assestato alla nave, a fronte di un incendio a bassa combustione, divampato nella sala caldaie addirittura prima della partenza, e inestinto fino all’impatto.

Da Belfast a Terranova, quindi, nei locali di propulsione del Titanic, un rogo avrebbe via via danneggiato i compartimenti al di sotto del ponte E, logorando progressivamente la resistenza delle lamiere. L’urto del 15 aprile avrebbe fatto il resto, provocando quanto accaduto nelle successive due ore, fino al definitivo inabissamento. Le rivelazioni di Molony, sono giunte in seguito a un’analisi svolta su alcune fotografie dello scafo, risalenti all’epoca del suo armamento nella porto nordirlandese, sulle quali, come sostenuto, sarebbero visibili i segni lasciati dalla fiamme sulla parte destra della nave, lunghi circa 9 metri. Stando a quanto dichiarato dal giornalista, il rogo si sarebbe protratto per ben 3 settimane senza che, in questo lasso di tempo, fosse stato possibile spegnerlo o, quantomeno, ridurne la portata, a causa della terribile temperatura raggiunta dalla combustione (mille gradi).

La nave partì comunque, pur consapevole del problema: c’erano esigenze, etichette, orari e, soprattutto, costi da rispettare poiché, in fondo, si trattava della più imponente nave passeggeri del mondo, sulla quale si erano imbarcate alcune tra le celebrità più in vista dell’epoca. Proprio i passeggeri, come dichiarato ancora nella ricerca del reporter irlandese, sarebbero stati tenuti all’oscuro dei danneggiamenti, già visibili, del fianco destro del Titanic, facendo attraccare il transatlantico al porto di Southampton dalla parte sinistra dello scafo, quella illesa. Dopo il disastro, i vertici della compagnia di navigazione imposero, agli ufficiali superstiti (i macchinisti perirono tutti) il silenzio assoluto sulla presenza dell’incendio, insabbiando per oltre cento anni la “verità” su quanto realmente accaduto.

“L’inchiesta ufficiale sul Titanic – ha dichiarato Senan Molony – ha definito l’affondamento come un atto di Dio. Questa non è la semplice storia di un iceberg e un affondamento, ma è una tempesta perfetta di fattori straordinari accaduti insieme: il fuoco, il ghiaccio e una negligenza criminale”. Un retroscena che cambia sensibilmente uno scenario ormai secolarmente scolpito nell’immaginario popolare: l’iceberg non sarebbe stato che l’apice di una terribile serie di errori di valutazione, venuti a costare la tremenda cifra di 1500 morti. Secondo il giornalista, infatti, anche evitando l’impatto, sul Titanic sarebbe stato possibile il verificarsi, nelle miglia nautiche rimanenti fino a New York, di altri danneggiamenti strutturali che ne avrebbero potuto causare il collasso. Secondo stime successive, infatti, riportate da alcuni esperti di metallurgia, un incendio di tali proporzioni avrebbe provocato lesioni nell’acciaio pari al 75% della resistenza totale.

Un dettaglio, quello dell’incendio, sfuggito per 105 anni e che resta da dimostrare, il quale, tuttavia, nel caso la teoria si rivelasse fondata, aggiungerebbe un ulteriore tocco di drammaticità a una vicenda già tragica di per sé.

Damiano Mattana

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