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Morire di parto 400 volte al giorno

Un materasso sporco a terra, in una stanza fredda; una donna incinta piange. La levatrice che l’assiste non l’ha portata al centro sanitario: è lontano e – per la loro cultura – non è dignitoso che la moglie di un uomo del villaggio esca in quelle condizioni. Il bambino nasce subito, ma l’ostetrica si disinteressa a lui; lo lascia immerso nel sangue per qualche minuto prima di riaccudirlo, non sa che l’Hiv può essere trasmesso attraverso il plasma. La mamma morirà poco dopo: una maledizione, si dirà nel villaggio.

Siamo in Mozambico e questa è la storia di Amina: una madre che se ne è andata in cielo mentre metteva al mondo una vita. Quello che dovrebbe essere un giorno speciale diventa un incubo: il bambino dovrà crescere da solo e, probabilmente, anche lui morirà fra qualche anno a causa del contagio. Malnutrizione e acqua inquinata, mancanza di informazioni e medicine, difficoltà a recarsi nei centri sanitari. Sono solo alcune delle cause che, ogni giorno, provocano 800 morti nel mondo per complicazioni dovute al travaglio: la metà di questi decessi avviene in Africa. Numeri freddi e asettici, eppure drammatici: sono vicende di donne che hanno sofferto pene atroci per il bene supremo della vita. Alle difficoltà di assistenza si aggiungono le credenze, le superstizioni e i pregiudizi diffusi nelle comunità.

“Una donna che partorisce da sola, nel mio villaggio viene rispettata – racconta Malo, una etiope di 27 anni – Il giorno dopo il parto ho iniziato a perdere sangue: volevo andare al centro per l’assistenza neonatale, ma ero troppo debole. Non avevo neanche latte: mio marito mi portava quello che poteva ma non bastava”. Qualche settimana dopo aver partorito il suo terzo figlio, Malo ha dovuto seppellirlo: un’infezione non curata glielo ha portato via.

Impressiona anche la storia che Timbiyan ha raccontato agli operatori Amref (Africal medical and research foundation): “Vivo a Magadi e ho vent’anni: quando ho avuto le doglie la prima volta, sanguinai così tanto da svenire. Ero a casa: la levatrice del villaggio disse che era frutto di una maledizione. Un vecchio venne da me e legò un pezzo di pelle di capra alla mia gamba per fermare l’emorragia, ma non fece effetto. Non ricordo neanche quanto dolore ho sopportato né come sono riuscita a sopravvivere”.

Mentre nei paesi occidentali si discute sulla maternità con la tranquillità di potersi rivolgere a strutture specializzate, nel continente africano 400 bambini rischiano di restare orfani ogni giorno perché le loro madri non possono curarsi. La mortalità nei Paesi in via di Sviluppo conta numeri drammatici: ogni donna ha una possibilità su 39 di arrivare al decesso per problemi legati alla gravidanza, in Italia è una su oltre 20mila.

Il 35% delle scomparse avviene per emorragia: un modo lento e atroce di morire. Quando la madre riesce a sopravvivere per veder crescere suo figlio, è preda di traumi, invalidità e infezioni che insorgono nei mesi successivi: le possibilità che entrambi abbiano una vita sana sono bassissime. I dati spaventosi che raccontano con quale terribile situazione le donne africane siano costrette a fare ogni giorno i conti, sono stati raccolte da Amref, per la campagna “Mai più senza una mamma”: l’obiettivo è formare operatori sanitari e ostetriche locali, per aiutare oltre 100 mila partorienti in Sud Sudan e Mozambico.

“Abbiamo aperto una scuola professionale in Mozambico – ha spiegato a In Terris il direttore di Amref Italia, Mario Raffaelli – l’obiettivo è far rimanere le ragazze nei loro villaggi, ad aiutare e informare le donne sui rischi e sulle procedure da seguire durante il parto. Non ci interessa formare dottori e luminari che poi partiranno per i paesi sviluppati: ci interessa che il servizio sanitario si sviluppi in Africa e lì funzioni”.

Scardinare superstizioni e insegnare le giuste procedure alle levatrici locali: uno degli obiettivi fondamentali per Amref. Spesso, infatti, le convinzioni tradizionali delle donne che assistono le donne gravide nei villaggi influiscono enormemente sull’esito del parto. Un diritto elementare, quello di creare una nuova vita, viene negato a oltre 400 donne al giorno, solo in Africa: e mentre la medicina lotta per trovare soluzioni alle malattie più rare, nel mondo, 800 donne al giorno muoiono ancora di parto.

La gran parte di queste, ha spiegato il presidente di Amref, sarebbe evitabile con interventi semplici e a basso costo. Osservare le norme igieniche di base, seguire le indicazioni sulla prevenzione delle infezioni, saper tenere sotto controllo lo stato del bambino e della mamma anche dopo il parto: basterebbe poco per cambiare la vita di moltissime donne africane. Ma per i governi occidentali non è una priorità.

Francesca Fiore

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