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MESSICO, STOP ALLE CORRIDE A COAHUILA

Le corride perdono fascino anno dopo anno. Non solo per le tragedie che si perpetrano nelle arene (e spesso anche nelle strade, vista la tradizione di liberare tori lungo le vie cittadine), ma anche per le violenze gratuite alle quali sono sottoposti gli animali. La Spagna culturalmente fa più fatica a cambiare rotta, eppure gli esempi non mancano. E anche in Sudamerica le cose stanno cambiando.

Lo Stato messicano di Coahuila è l’ultimo in ordine di tempo, unendosi a quelli di Sonora e Guerrero, che ha vietato la corrida. Il governatore Rubén Moreira, ha promulgato la riforma sulla Legge di protezione e trattamento degno degli animali, che comporta il divieto delle corride di tori, vitelli, giovenche, così come le “tientas” (prove di resistenza al dolore cui i bovini vengono sottoposti) e i “rejoneo” (scontri fra una persona a cavallo e un bovino). «La maggior parte degli abitanti dello Stato è contraria alle corride dei tori, direi che il 100% è contrario alla violenza contro gli animali», ha dichiarato il governatore.

“Le corride sono state promosse da una campagna pubblicitaria e su una presunta tradizione, ma quando vengono mostrate le immagini e le conseguenze delle ferite subite dai tori il rifiuto di questi atti di violenza è unanime”, ha aggiunto. Ha sottolineato che non si tratta solo di violenza, “financo di tortura nel modo in cui sono sacrificati”. Il divieto, ha detto, risponde alla raccomandazione del Comitato delle bambine e dei bambini dell’Onu, che l’8 giugno scorso a Ginevra ha chiesto agli Stati membri di “vietare questi atti di brutalità” che comportano “uso ingiustificato di violenza, disprezzo degli animali e sfruttamento con tortura e maltrattamenti”.

Edith Driscoll

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