Al contrario di quanto ipotizzato, i buchi neri si nutrono delle “galassie medusa”, ovvero galassie che – trainate dalla gravità verso il centro di grandi ammassi – si lasciano alle spalle lunghi tentacoli di gas ionizzato, assumendo così l’aspetto di una medusa.
Lo hanno scoperto un gruppo internazionale di astronomi guidato da Bianca Poggianti dell’Osservatorio astronomico dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Padova che ha messo sotto esame 94 galassie scegliendone 7 (quelle coi tentacoli più lunghi) e osservandole con lo spettografo Muse montato sul Very Large Telescope dell’Eso, lo European Southern Observatory, a Paranal, in Cile.
Dallo studio è emerso sorprendentemente che 6 su 7 ospitano nel loro cuore un cosiddetto Agn, vale a dire un nucleo galattico attivo: un buco nero supermassiccio che riluce nutrendosi del gas circostante.
Il risultato raggiunto dagli studiosi, pubblicato ieri su Nature, è davvero sorprendente. Come spiegano sul sito dell’Inaf, normalmente le galassie che ospitano al loro interno un nucleo attivo sono, in media, meno di 1 su 10.
Incontrarne 6 su 7 solo nel campione di galassie medusa dai lunghi tentacoli è esattamente l’opposto di quel che ci si attenderebbe: lo stesso meccanismo che produce i tentacoli, quella sorta di vento contrario caldo e denso, prodotto dal rapido avvicinamento al centro dell’ammasso di galassie (chiamato ram pressure) dovrebbe infatti sottrarre gas alla “galassia medusa”, togliendo così nutrimento al buco nero centrale e diminuendo di conseguenza l’attività dell’Agn. Ma ciò ciò che è stato osservato nella realtà è l’esatto opposto, vale a dire un incremento della sua attività.
“Questo collegamento fra l’azione esercitata dalla ram pressure e i nuclei attivi non era previsto dalle simulazioni e non è mai stato osservato prima”, spiega la prima autrice dello studio, Bianca Poggianti. “È come se parte del gas, invece d’essere sottratto alla galassia, finisse per raggiungerne il nucleo, contribuendo così a nutrire il buco nero centrale”. Ciò che questo risultato evidenzia è dunque un meccanismo fino a oggi sconosciuto di alimentazione dei buchi neri supermassicci.
“La nostra indagine, una volta completata, mostrerà quante e quali galassie, fra quelle ricche di gas che precipitano verso il centro degli ammassi, attraversano una fase di maggiore attività nei loro nuclei”, conclude Poggianti. “Un enigma attorno al quale gli astrofisici si arrovellano da tempo è proprio quello di capire come le galassie si formino, e si trasformino, nel nostro universo in continua espansione ed evoluzione. Le ‘galassie medusa’, essendo galassie colte proprio all’apice d’un cambiamento drammatico, offrono un’opportunità unica per comprendere i processi d’evoluzione galattica”.
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