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Il profilo del capo dello Stato

A 505 voti a Montecitorio il tempo per un attimo si è fermato e un lungo applauso che ha soffocato esultanze e borbottii sommessi ha accompagnato l’elezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato. Un’ovazione che ha rotto il silenzio dei lavori, i tentennamenti e le liti della politica di questi giorni. Al Colle sale un uomo taciturno, riservato che ha vissuto tutta la sua carriera lontano dalle telecamere, rifuggendo quell’ossessiva ricerca di palcoscenico che caratterizza la maggior parte dei nostri rappresentanti. Un low profile per dirla in termini moderni tanto che in molti oggi si chiedono come interpreterà il suo nuovo ruolo. Sarà presente? Saprà confortare gli italiani nei mesi, forse anni, che ci separano ancora dalla fine della crisi economica? E’ presto e ingeneroso fare previsioni di un lungo percorso appena iniziato. E’ Il dodicesimo inquilino ad insediarsi nelle lussuose stanze del Quirinale da quando la Repubblica ha emesso il primo vagito nel 1948. In termini strettamente geografici non sarà un grande sforzo per lui che abita e ha lavorato, in qualità di giudice della Consulta, a due passi dal palazzo che già fu la dimora di Pio IX.

La politica gli scorre nelle vene sin da piccolo. Il padre, Bernardo, è stato membro dell’Assemblea Costituente e uno dei massimi dirigenti della Dc ricoprendo diverse volte la carica di ministro. Ma Sergio aveva preferito seguire la carriera professionale e accademica in ambito giuridico: avvocato prima, professore universitario poi. Scopre l’impegno pubblico tardi e in una data precisa: il 6 gennaio 1980. Il fratello, Piersanti, in qualità di presidente della Regione Siciliana si era impegnato attivamente e in prima persona nella lotta contro la mafia. Una scelta di campo difficile negli anni della “Primavera di Palermo” e che gli risultò fatale. Quel giorno un killer si avvicinò alla sua macchina e lo freddò a colpi di pistola. Fu proprio il fratello ad accompagnarlo in quella frenetica, quanto vana, corsa verso l’ospedale. Un episodio che ha cambiato la vita e la storia del nuovo capo dello Stato.

Nel 1983 arriva la prima elezione a deputato, ruolo che manterrà ininterrottamente sino al 2008; in 25 anni accumula incarichi istituzionali. Ministro per i Rapporti con il Parlamento dal 1987 al 1989 con due premier diversi: Giovanni Goria e Ciriaco De Mita; poi a capo del dicastero della Pubblica Istruzione nel governo Andreotti, lasciato nel 1990 assieme ad altri per protesta contro l’approvazione della legge Mammì che regolava il sistema televisivo di fatto salvaguardando l’impero di “Sua emittenza” Silvio Berlusconi. Un episodio che, dicono, l’attuale leader di Forza Italia non gli abbia mai perdonato.

Dopo tangentopoli e il crollo del pentapartito segue l’iter di trasformazione della Balena Bianca, passando nel Ppi, con il quale diviene prima vicepresidente del Consiglio e poi ministro della Difesa durante la premiership di Massimo D’Alema. In quegli anni Mattarella diventa una figura apprezzata anche a livello internazionale, partecipando alla creazione della difesa comune europea e accreditandosi nel campo dell’intelligence.

Di animo squisitamente riformatore sembra aver legato il suo destino alle legge elettorale: è stato relatore delle l. numero 276 e 277 del 1993 (non a caso chiamate nel complesso Mattarellum), era tra i giudici costituzionali che hanno bocciato il Porcellum nel dicembre 2013 e come Presidente, salvo scossoni, promulgherà l’Italicum. Nel 2012 un nuovo dolore: la scomparsa della moglie Marisa, sorella della consorte di Piersanti. Un intreccio di amore e di famiglia bruscamente interrotto dall’implacabilità della vita. Vuoti che il neo capo dello Stato si porterà dentro per sempre ma che proverà a colmare, almeno in parte, con l’indefesso servizio per il Paese e la Repubblica.

Luca La Mantia

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