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Giornata mondiale degli oceani. E’ allarme inquinamento: il (nostro) futuro si decide ora

Sarebbe probabilmente riduttivo parlare del valore assoluto degli oceani per l’equilibrio del nostro Pianeta. Un’importanza che, certamente, non si limita al contesto naturale ma va direttamente a toccare i campi del sostentamento umano, dell’energia, della comunicazione. Un ruolo strategico del quale si è ampiamente discusso e di cui, come detto, sarebbe quantomeno superfluo parlare ulteriormente, non fosse per quell’incomprensione di fondo di tale immensa rilevanza che, in modo speculare, caratterizza un po’ tutta la popolazione mondiale. Certo è che il “World oceans day”, celebrato in data 8 giugno, si propone esattamente di ricordare a chi l’avesse dimenticato come la condizione dei nostri mari non possa essere definita esattamente eccelsa. Le inchieste più recenti, per fare un esempio, hanno messo in evidenza la presenza di quantitativi enormi di plastica nelle acque (tema scelto dall’Onu come “totem” della giornata 2017), ovviamente influente in maniera fortemente negativa sugli ecosistemi marini e, di conseguenza, sull’equilibrio terrestre. Una quantità abnorme, non solo di rifiuti consistenti (bottiglie, tappi, ecc.) ma anche e soprattutto di frammenti di microplastica (dai 5 mila ai 5 miliardi, secondo Greenpeace) invisibile ma maggiormente pericolosa anche per il suo facile ingerimento da parte delle specie ittiche.

Oceani da salvare

Niente di nuovo, eppure è un argomento che fa discutere anziché raccogliere un’unanime condanna, come del resto il capitolo sul clima e sull’inquinamento atmosferico, avversato in diversi punti eppure supportato da precisi dati statistici, gli ultimi dei quali forniti lo scorso novembre durante la Cop22 di Marrakech. Certamente, il surriscaldamento globale influisce, altera, scioglie i ghiacci mutando i livelli delle acque e aprendo a prospettive di rivoluzione climatica ben poco rosee ma, allo stesso modo, sul latente stato di salute degli oceani sono diverse le cause che offrono il loro contributo, dal capitolo trivellazioni a quello degli scarichi. Tutti argomenti attuali, nocivi, dibattuti: nonostante questo, durante la giornata ad hoc, si torna a parlare di ciò che non va perché, pur con l’impegno costante di associazioni ed enti nella tutela dei mari, quello che è più che mai necessario è una rieducazione alla cura degli oceani la quale, inevitabilmente, passa da una presa di coscienza più incisiva sul valore di fattori come le fonti rinnovabili o la pesca sostenibile.

La conferenza Onu

A tal proposito, la conferenza dell’Onu in corso a New York (iniziata il 5 giugno scorso con conclusione prevista il 9) ha raccolto le più importanti organizzazioni ambientaliste del mondo proprio per discutere su tali aspetti, con l’intento di avviare una campagna di sensibilizzazione. Protagonista anche una delegazione di Legambiente, chiamata a presentare le proprie deduzioni sulla questione del marine litter (i rifiuti nei mari e sulle spiagge) dopo l’attività di monitoraggio su 105 battigie di 8 Paesi diversi. L’obiettivo delle Nazioni unite, per il 2022, è l’eliminazione delle principali fonti d’inquinamento marino: una mission che, evidentemente, passa dalla responsabilizzazione non solo dei governi ma anche dei cittadini. Il consumo quotidiano di materiali plastici (300 milioni di prodotti all’anno), ad esempio, risulta tra i punti maggiormente sensibili: parte del percorso di “messa in regola” riguarda proprio lo smaltimento corretto, considerando che solo il 15% degli involucri plastici passa per il riciclo. Un dato sul quale riflettere e lavorare: d’altronde ne va non solo della nostra salute ma anche di quella del nostro Pianeta.

Damiano Mattana

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