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FIAT, I GUFI CADUTI DAL RAMO

Fiat assume entro il 2015 mille lavoratori, ne stabilizza altri 1500, e guarda al futuro. Questo testimonia che ovunque ci sono aziende italiane che si internazionalizzano davvero, quando si punta al miglioramento della produzione e all’ottimizzazione di produzione e salari, la crisi non fa così paura. Se l’Italia della produzione e delle grandi aziende, in barba a tutti quelli che hanno criticato la trasformazione della Fiat, prendesse esempio da quest’ultima, allora potremmo pensare di uscire fuori dal tunnel.

Per anni abbiamo assistito all’alzata di barricate da parte di coloro che ritengono che il nostro sia ancora un mercato chiuso, di chi agganciato a una vecchia mentalità riteneva che allearsi con altri fosse l’inizio della fine. Invece ora è chiaro che nel settore dell’auto continuerà solo chi sarà in grado di fare sinergia, di fare massa critica sia per produrre meglio utilizzando il massimo del know how disponibile, sia per sfruttare al meglio la rete commerciale, che è decisiva per la conquista di un mercato.

In questo contesto voglio ricordare come sia stata decisiva anche l’organizzazione di lavoro che ci siamo dati con la nuova contrattazione, che abbiamo fortemente voluto per tutti i siti italiani; oggi i lavoratori possono dire di guadagnare di più e la Fiat, oggi FCA, può dire di produrre di più, reggendo meglio la competitività e il confronto di mercato.

Mentre oggi, in presenza di dati positivi, c’è un silenzio di fondo sull’argomento, salvo che si è costretti a registrare il fatto, anni addietro invece c’è stato molto clamore, che i media hanno alimentato, quando c’era da dire che l’azienda stava chiudendo, andando sotto gli americani, producendo schiavi e che era prossima al fallimento.

Ad onor del vero devo dire che la stragrande maggioranza del sindacato era compatta, quando cercavamo di proporre insieme a Marchionne una nuova idea di fabbrica; il che è servito ad avere quella legittimità piena a contrarre accordi che hanno poi avuto ricadute su tutti.

E adesso? Il mercato delle auto in Italia riprenderà solo quando l’economia tornerà a crescere, ma il fatto di poter proporsi sui mercati esteri, quello americano in particolare, vuol dire mantenere stabile il livello occupazionale, che di per sé è già una conquista. Infine è opportuno sottolineare come la produzione di auto di alta gamma (Maserati, Alfa Romeo, Jeep) vengano prodotte in Italia e commercializzare all’estero. Tutto il contrario di ciò che si sosteneva, e cioè che con l’accordo noi avremmo regalato il mercato italiano agli americani. Anzi, non è infrequente oggi come oggi vedere persino le “500” per le strade di Los Angeles, Houston, New York, Washington.

Autore Ospite

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