I VESCOVI FILIPPINI CHIEDONO UNA “ORATIO IMPERATA” PER LA PACE NEL MAR CINESE

Natale

La Conferenza Episcopale Filippina (CBCP) ha lanciato una “oratio imperata” per tentare di ridurre le tensioni nel Mar Cinese meridionale, da molto tempo al centro di un’aspra contesa territoriale tra Manila, Hanoi e Pechino. A presentare l’iniziativa è stato mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan e presidente della Cbcp, il quale ha sottolineato che: “se vi è un’escalation della tensione e ci troviamo di fronte a un problema di pace, come può non essere coinvolta la Chiesa?”. Il presule ha aggiunto che la pace “è una missione” primaria dei cattolici, ed è per questo necessario intervenire.

I vescovi filippini non entrano nel merito della questione internazionale, promossa dal governo di Manila per risolvere la disputa. Tuttavia, il presidente dei vescovi ricorda che è compito dei fedeli pregare affinché diminuiscano le tensioni tra Cina e Filippine. La preghiera, diffusa al termine dell’incontro annuale dei vescovi, sarà recitata in tutte le diocesi e parrocchie dell’arcipelago per “cercare di ridurre le tensioni, e metterci al servizio della giustizia, dell’equità, della prosperità e della fratellanza”, spiega Villegas.

“Non abbiamo i mezzi per negoziare con le superpotenze -chiarisce il presidente dei vescovi- non possiamo rappresentare le Filippine nel tribunale internazionale, ma possiamo certo rappresentare le Filippine agli occhi di Dio e chiedergli di prendersi cura delle Filippine”. Nell'”oratio” si invoca la pace “sulle isole e le acque”, per la risoluzione delle controversie “mediante giustizia e rispetto dei diritti delle persone” e che “non siano fatti danni alle creature marine e all’habitat naturale”.

Da tempo Hanoi e Manila manifestano la crescente preoccupazione per il “totalitarismo” di Pechino nelle acque del Mar Cinese meridionale e orientale. Inoltre il governo cinese rivendica una vasta parte dell’oceano comprende le isole di Spratly e le Paracel, contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia. A sostegno dei paesi del sud-est asiatico ci sono gli Stati Uniti d’America, che hanno giudicato illegale e irrazionale il modo in cui il governo cinese marca il territorio, fino a comprenderne quasi l’80% dei 3,5 milioni di kmq. L’egemonia riveste un carattere strategico per lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un’area dell’Asia-Pacifico di elevato interesse economico e geopolitico.