La falsa audacia della cultura della morte

Politiche progressiste contro vita
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Con la conferma di Pedro Sánchez come premier spagnolo, si rassoda l’asse europeo tra Francia e Spagna a favore dell’aborto libero. Il segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) Sánchez è riuscito nell’intento di farsi rieleggere dopo una rocambolesca tornata elettorale che lo ha visto sconfitto alle urne ma vincitore nella battaglia finale per l’investitura grazie all’alleanza coi separatisti e ad una legge ad hoc che prevede l’amnistia per i reati commessi contro la Costituzione e l’unità nazionale. Un governo fragile in partenza ma che potrà proseguire per altri 4 anni il lavoro iniziato la passata legislatura sostenuta dal partito ultra radical-femminista Unidas Podemos.

La scorsa legislatura ha visto nel 2022 l’approvazione della discussa “Ley Trans”, che prevede la possibilità di effettuare il cambio di sesso anagrafico senza la necessità di intraprendere un percorso psicologico e chirurgico di transizione. I cittadini spagnoli possono infatti “cambiare sesso” con un semplice atto burocratico già a partire dai 12 anni (dai 16 anni anche senza il consenso genitoriale) senza necessità di presentare certificazioni mediche o psicologiche per un totale di tre cambiamenti di genere in due anni.

«Una legge – ha affermato il filosofo Juan Manuel de Prada – che consente la negazione della realtà biologica attraverso un atto puramente volutivo» e per tanto «una legge radicalmente ingiusta» contro la quale è lecito ribellarsi. Anche l’Associazione spagnola di psicologi per l’infanzia ha contestato duramente la legge che mette a rischio il diritto alla salute dei minori. Sul fronte aborto Sánchez si è definito “femminista” e intenzionato a garantire l’aborto come diritto. Nel 2023 (Ley Orgánica 1/2023) il governo ha approvato la modifica della legge sull’aborto del 2010 voluta dal socialista Zapatero.

La nuova normativa prevede più poteri alle autorità locali per sostenere le pratiche di aborto nonché la diffusione e distribuzione di materiale anticoncezionale, promozione dell’educazione sessuale e sui diritti alla salute riproduttiva. Ma la grande modifica inserita da Sánchez è la possibilità di abortire fino alla 14 settimana di gravidanza senza il consenso dei genitori o dei rappresentanti legali dall’età di 16 anni.

Nel 2013 il governo di destra del Partido Popular aveva tentato di riformare la legge del 2010 inserendo delle restrizioni riservando l’accesso all’aborto procurato solo in caso di violenza sessuale o di serio rischio per la vita della madre o del feto, quest’ultimo caso doveva essere accertato da tre specialisti ed in particolare da due pareri medici di strutture diverse a quella a cui ci si affidava. Inoltre il progetto di legge del PP prevedeva che le minorenni dovessero contare col consenso dei genitori o legali.

Una legge estremamente stringente contro la quale si attivò un’enorme campagna mediatica e politica. Le roventi polemiche, le critiche delle associazioni femministe e le accuse della sinistra portarono alle dimissioni dell’allora ministro della giustizia Ruiz Gallardón primo firmatario della proposta di legge (anteproyecto de Ley Orgánica de Protección de los Derechos del Concebido y la Mujer Embarazada o Ley Gallardón). Il governo Sánchez ha invece allargato le maglie rispetto al suo predecessore Zapatero facilitando in ogni modo l’accesso all’aborto negli ospedali pubblici, regolando l’obiezione di coscienza affinché non ostruisca l’accesso all’aborto e promettendo di abbassare l’età per accedervi senza bisogno del consenso genitoriale. La nuova normativa prevede inoltre l’abolizione dei tre giorni di tempo di riflessione previsto per confermare la decisione di abortire, l’obbligatorietà di lezioni di educazione sessuale nelle scuole di ogni grado così come la distribuzione gratuita di anticoncezionali, negli ospedali, nelle scuole superiori, gli istituti penitenziari e nei centri dedicati al servizio sociale. Dall’altra parte dei Pirenei Emmanuel Macron è intenzionato a passare alla storia come il primo presidente ad inserire il cosiddetto “diritto all’aborto” all’interno della Costituzione del proprio paese. In occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo 2023, Macron ha promesso di modificare la Costituzione annunciando «un progetto di legge di revisione della Costituzione che sarà preparato nei prossimi mesi».

L’intervento andrebbe a modificare l’articolo 34 che regola i rapporti tra il Parlamento e il Governo e in particolare l’ambito d’azione della legge votata dal Parlamento aggiungendo che «La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà della donna di porre fine alla sua gravidanza» (per il momento non è passata la parola “diritto” sostituita da “libertà”). Il capo dell’Eliseo si è responsabilizzato in prima persona a portare a termine la modifica costituzionale che mira a mettere l’aborto in cima alla lista dei diritti già a partire dal 2024. Scrive infatti Macron: «Nel 2024 la libertà delle donne di accedere all’IVG sarà irreversibile».

Il Presidente francese ha ricordando l’attivista femminista e politica francese Gisèle Halimi a cui ha dedicato questo processo: «Il messaggio di Gidèle Halimi ci aiuterà cambiare la nostra Costituzione». Con la Spagna e la Francia in prima linea l’Europa sembra intenzionata a procedere rapidamente non solo verso la piena depenalizzazione dell’aborto ma a garantirlo come diritto umano. Attualmente l’aborto viene considerato reato solo in Malta, mentre nel 2018 l’Irlanda ha eliminato il rigido divieto preesistente (aborto solo nel caso di pericolo per la vita della madre) con un referendum costituzionale che, a sorpresa, ha visto una schiacciante vittoria del “sì”.

Il cambiamento di mentalità e la forte spinta della sinistra così come degli organi sovranazionali ha portato al Parlamento europeo a chiedere di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La stessa Europa che nel 2003 rifiutò di inserire un cenno alle radici giudaico-cristiane nella sua Costituzione. E fu proprio l’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing – nel ruolo di Presidente della Convenzione per l’Europa, incaricata di redigere la Costituzione europea – a rifiutare una accorata lettera di papa san Giovanni Paolo II in cui il papa polacco chiedeva di ripensare la decisione riconoscendo e rivalutando l’eredità storica e culturale che l’Europa doveva al cristianesimo.

Giscard rifiutò categoricamente di ricevere la missiva, lui stesso che come presidente (in carica dal 1974 al 1981) depenalizzò l’aborto e legalizzò il divorzio nel paese transalpino, accelerando quel processo di secolarizzazione delle istituzioni e di apostasia spirituale e culturale che oggi tratteggia il volto della Francia e dell’intera Europa. Esponente di una politica libertaria, che ha idealizzato il “progresso” senza fine, ha ricevuto il plauso del presidente Macron che lo ha infatti ricordato così: «Se le nostre vite sono più libere, lo dobbiamo al suo coraggio e alla sua audacia». Potremmo dire, il coraggio di rifiutare le proprie radici e l’audacia di diffondere una “cultura di morte” (san Giovanni Paolo II) considerando aborto, eutanasia e divorzio come segni di progresso umano. Lo stesso coraggio e la stessa audacia che oggi sembrano animare Sanchez e Macron e le loro politiche progressiste contro la vita, contro i fragili e gli indifesi, nel nome dei “diritti”.