Seimila poveri invitati dal Papa al Giubileo degli emarginati

Finora sono circa 3400 le persone che si sono registrate per partecipare al Giubileo delle persone socialmente escluse, ultimo grande evento dell’Anno Santo straordinario della Misericordia in programma da venerdì a sabato. Ma si prevede che siano molti di più quelli che vi prenderanno parte senza effettuare la registrazione. Un evento che coinvolge i poveri di 22 Paesi europei, dalla Spagna alla Polonia, dalla Germania alla Francia, dall’Inghilterra all’Ucraina. Papa Francesco li riceverà in udienza venerdì nell’aula Paolo VI dove terrà una catechesi per loro e i loro accompagnatori. Sabato si terranno momenti di preghiera e testimonianza per concludere il pellegrinaggio con la S. Messa celebrata da Francesco a San Pietro, nello stesso giorno in cui saranno chiuse tutte le Porte Sante del mondo ad eccezione di quella della Basilica Vaticana (rito che si terrà il 20 novembre).

L’iniziativa è nata soprattutto sulla spinta dell’Associazione Fratello, sorta in Francia, che coinvolge 121 realtà che si occupano di persone svantaggiate in tutta Europa. “Per rimarcare il significato del Giubileo della Misericordia – spiega il portavoce François Le Forestier – Papa Francesco ha invitato a Roma 6000 persone che vivono in povertà e specificatamente quanti hanno esperienza di vita di strada, i senzatetto”.

E il Papa non poteva certo dimenticarsi dei poveri che vivono a Roma, alla porta di casa sua, intorno al Vaticano. Così è stata coinvolta la Comunità di S. Egidio che fin dalla sua fondazione cerca di alleviare le condizioni dei clochard. “Siamo stati quasi tirati dentro” spiega Carlo Santoro, un volontario che da trent’anni è impegnato a farsi amico dei poveri.

Ma chi sono quelli che parteciperanno?
“Sono quelli che incontriamo a S. Pietro, a Termini, alla stazione Tuscolana, a Tiburtina. Sono gli scartati che evitiamo di vedere, persone che danno fastidio perché deturpano i monumenti… Uno degli obiettivi di questo Giubileo è proprio il cambio di mentalità, anche da parte degli amministratori. Adesso arriva il freddo, speriamo che vengano aperti più dormitori”.

Quanti ne arriveranno?
“Impossibile dirlo ora. Anche la sera non sai mai chi incontri. Però finora la risposta è stata positiva. I poveri sanno che il Papa è loro amico, ha fatto diverse cose per loro: le docce, la barberia, il centro medico, un piccolo dormitorio… E’ l’atteggiamento a cui siamo tutti chiamati: guardarli negli occhi e dare una mano, sconfiggere quell’individualismo che ci fa rifiutare di vederli. Sono in tutto simili a noi, e potenzialmente ognuno di noi potrebbe diventare uno scarto”.

Ci sono storie particolari nella sua esperienza di volontario?
“Quello che mi ha colpito in questi anni è la rete di solidarietà che si è formata. Ad esempio molti sacerdoti e prelati che lavorano in Vaticano, uscendo la sera, incontrando i senzatetto, poco a poco sono diventati loro amici. Penso a Willy, un belga di Anversa. Per 30 anni ha vissuto intorno a S. Pietro, andava ogni mattina a Messa a S. Anna. Tutti lo conoscevano. Quando è morto gli abbiamo fatto un funerale molto bello ed è stato sepolto al Camposanto teutonico, in mezzo ai principi. Questa è la Chiesa dei poveri”.

Eppure c’è chi accusa il Pontefice di populismo.
“E’ vero, spesso è criticato. Ma si dimenticano che è stato il primo a farsene carico concretamente. Ognuno può fare qualcosa, anche poco. C’è chi dice “ma cosa sono tre docce” o “perché non apre il Vaticano”. Sono parole senza senso… La Chiesa, tutta, e ciascuno siamo chiamati ad aiutare. Nessuno è talmente povero da non poter aiutare un altro povero”.

C’è anche chi parla di invasione di profughi.
“E la strumentalizzazione è evidente. Possiamo essere messi in crisi da nove donne e qualche bambino (il riferimento è alla protesta di Goro, ndr)? Quelle persone non vengono mica in vacanza”.

Non sarebbe più logico aprire dei corridoi umanitari?
“La nostra esperienza con i campi profughi in Libano è positiva, e presto dovrebbe essere replicata in altri Paesi. Tra l’altro è un’esperienza di carattere ecumenico. La realtà è che non possiamo far finta che non ci sia un conflitto in corso. Quando finì la Seconda Guerra mondiale l’Italia fu molto aiutata: penso che anche per la Siria sia necessario un piano Marshall”.

I senzatetto faranno qualche richiesta particolare al S. Padre?
“Non lo so, vedremo. A volte pensiamo che sia necessario ridare dignità a queste persone solo dal punto di vista materiale. Invece hanno anche bisogni spirituali. Ad esempio sta avendo grande successo la preghiera in strada, che chiaramente è sempre una questione volontaria, nessuno è costretto. Per questo penso che l’aspettativa nei confronti del Papa sia soprattutto di “dignità spirituale”. Del resto, il S. Padre sa toccare le corde del cuore dei poveri, quando ripete ad ogni occasione che sono importanti per la Chiesa”.