MIGRANTI, MARONI SCRIVE AI PREFETTI: “STOP ALLE ASSEGNAZIONI IN LOMBARDIA”

Incurante della polemica scatenata dalle sue dichiarazioni sul piano migranti Roberto Maroni rilancia e, in una lettera inviata ai prefetti lombardi, chiede di sospendere le assegnazioni “in attesa che il Governo individui soluzioni di accoglienza temporanea più eque, condivise e idonee, che garantiscano condizioni reali di legalità e sicurezza”. In Lombardia, terza regione per presenza di immigrati dopo Sicilia e Lazio, “vive già oltre un quinto degli immigrati regolari presenti in Italia, molti dei quali in cerca di lavoro. E’ quindi impensabile non inviare in Lombardia altri immigrati prima di aver riequilibrato la distribuzione”. Maroni spiega anche che “l’eccezionale afflusso di cittadini stranieri sul nostro territorio, a seguito degli sbarchi sulle coste italiane, impone una gestione molto attenta del fenomeno migratorio. La soluzione al problema dell’immigrazione clandestina resta il blocco delle partenze dalle coste africane, attraverso il coinvolgimento dell’Ue, dell’Onu e di tutta la comunità internazionale”.

Pronta è arrivata la risposta dei prefetti lombardi. “Non rispondiamo certo al governatore – ha chiarito all’Agi il presidente dell’associazione sindacale dei funzionari prefettizi, Claudio Palomba – è una materia di competenza dello Stato e i prefetti si attengono alle direttive che arrivano dal ministero dell’Interno e dal governo”.  “La nostra – ha ribadito – è una posizione chiara e netta, il nostro rapporto giuridico e funzionale non può essere con i singoli amministratori: in presenza di un invio, siamo tenuti a provvedere alla sistemazione, certo in una attività di logica mediazione e con l’aiuto dei sindaci”. Il numero uno del Sinpref ammette che “le difficoltà ci sono, è inevitabile in presenza di certi numeri e le avevamo già segnalate un mese e mezzo ma le stiamo affrontando, e fronteggiando. Di fronte all’emergenza, c’è chi pensa di requisire strutture come le caserme ma io personalmente sono abbastanza contrario perché non è solo un problema di accoglienza ma anche di integrazione. E laddove è possibile e’ meglio conciliare i due aspetti”.