Non si sono formate solo particelle elementari e radiazioni durante il Big Bang, l'esplosione primordiale che ha segnato l’inizio dell’universo, ma – inaspettatamente – anche campi magnetici. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell’Istituto tedesco Max Planck per l’Astrofisica in collaborazione con Daniela Paoletti – dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Bologna – e Franco Vazza dell'Università di Bologna, Università di Amburgo e Inaf di Bologna.
Il team internazionale ha costruito una mappa tridimensionale della distribuzione di quei campi magnetici nella porzione di universo più prossima a noi. Attualmente, la loro intensità è debolissima e impossibile da provare; tuttavia, questa previsione potrebbe aiutare gli scienziati ad affrontare la sfida di riuscire, un giorno, a costruire strumenti sufficientemente sensibili per riuscire a misurarli.
“Nell’universo primordiale, prima che venisse emessa la radiazione di fondo cosmica a microonde, avrebbero potuto esistere campi magnetici diffusi in tutto l’orizzonte cosmologico” ha detto Daniela Paoletti, coautrice dell’articolo sottomesso alla rivista Classical and Quantum Gravity, su Inaf. “In questo articolo ci siamo concentrati sul meccanismo di Harrison che può generare campi magnetici primordiali tramite correnti a loro volta generate da moti vorticosi nelle fluttuazioni della materia, le stesse che hanno poi dato origine alle strutture che osserviamo. Una novità di questo articolo è quello di vincolare queste fluttuazioni a quelle del nostro universo locale. A partire da osservazioni, i campi magnetici vengono ricostruiti con una specie di ‘ritorno al futuro’: prima si calcolano i campi generati fino alla ricombinazione dal meccanismo di Harrison, poi i campi così generati vengono evoluti fino ai giorni nostri con le simulazioni”.
“Simulare l’evoluzione dei campi magnetici generati dal meccanismo di Harrison non è stato facile – ha commentato a sua volta franco Vazza sempre su Inaf – perché per farlo correttamente abbiamo dovuto simulare una grande regione di universo locale (di circa un miliardo e mezzo di anni luce di raggio) e a partire da epoche molto più remote rispetto a quanto facciamo di solito, appena 300 mila anni dopo il Big Bang. I campi magnetici predetti dalla simulazione (che ha girato per alcune decine di migliaia di ore in parallelo nel centro di Supercalcolo tedesco di Jülich) sono minuscoli, ed è improbabile che potranno mai essere osservati. Tuttavia, i calcoli mostrano che queste linee di campo magnetico dovrebbero effettivamente essere disposte esattamente in quel modo, nello spazio intergalattico attorno a noi”. Le simulazioni sono state svolte nel contesto del progetto supportato dal Consiglio Europeo della Ricerca (Erc), che finanzia il gruppo di ricerca “Magcow”.
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